Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931

250 C. TuMrATJ, I tetti rossi lo spettacolo di ottanta gambe nude in frenesia; ~ in quella casa, di miliardaria, la solitudine e la stanchezza, della figliola dell'ospite, ri– fngiatasi t;a, gli alberi del giardino al chiaro di luna. Contrasti non solo malinconici par che voglia suggerire l'autore. Dicevamo id principio che neJle pagine di questo libretto ~o~ c'è solo uno scrittore ma anzitutto un uomo: un uomo moderno, sens1b1le al do– lore non sen'timenta1e. 'fra i visitatori del manicomio un giorno càpita anche un « celebre e strano scultore>>. Ma egli non visita il manicomio: L'è minga une ménagerie da visitar. Dopo aver mangiato con l'ospite, al quale ha svelato el secret per giudicar i 1'Y!'att esce, e i~ portier~ gli po~ge l'album da firmare. « L'artista lo rovescia e, sull'ultima pagma, scrive a, larghi tratti di ·penna: Le medecin est un grand artist e l'artist i'è un gran dutor. Firma. E dà d1eci lire a1 portiere,: l'unico che l'abbia fatto». Chi era costui? Tumiati non lo dice; ma ci vuol poco· a capire ch'era Medardo Rosso. E anche a capire che quella, definizione del <ime– decin » non è solo una boittade. G. TITTA ROSA. ADRIANO GRIDGO, Remo Maun, avvocato. - « Alpes », Milano, 1930. L. 10. Quando conobbi, anni fa, il Grego, al Giornale di Genova, - era un ottimo scrittore di politica estera, se ben ricordo, --'--non avrei mai sospettato in lui la stoffa del romanziere futuro : quella stoffa. che Remo Maun, piaccia o non piaccia il romanzo, rivela a chiari segni. Se, è di– scutibile che il suo d'oggi sia in tutto e per tutto un bel romanzo, non mi pare discutibile che Grego sia un uomo nato per scrivere romanzi. Dal tempo degli Indifferenti non si è avuto in quella stessa direzione amara e polemica, romantica e romanzes·ca, un altro saggio che valga questo del Grego; e poco importa se Remo Maun · non rischi di incontrare quella vasta e contagiosa corrente di antipatie e simpatie che ha deter– minato il giusto successo di Moravia. C'è in Moravia un impeto, una felicità che il Grego non dimostra ancora. Pure anche in lui qualcosa forza al rispetto, s'impone all'attenzione. Vediamo. Remo Maun, giovane avvocato ebreo, figlio di un affa– rista imbroglione e sentimentale, ha passato una, parte della sua adole– scenza in casa dello zio Giuseppe Maun, una sorta di canaglia be– nefica e filistea; poi s',è fatto cacciare anche da quella casa. Con una famiglia di amici, la contessa Barel di Navone, il figlio Federico e la figlia, Cucci, egli tronca ogni rapporto quando sa che lo zio Maun vi si è introdotto quale legale e consigliere. Remo è un debole e un orgo– glioso, Ebreo senza fede non ama la sua razza della quale crede cli dover scontare i peccati; uomo senza coraggio e senza volontà sogna un gesto che lo redima ai suoi stessi occhi, che lo tolga dal gregge dei falliti. Essere qualcuno, - un santo o un delinquente, non importa, - ma, uscire dalla propria mediocrità. Remo sa di essere vile e bugiardo. Pe[' com– mettere un gesto virile ruba l'amante a Federico Bar,el senza desiderarla· per sentirsi vivere sfiora e turba col suo spirito malsan'o la cugina Giulia' e più tard~, ripresi i rapporti colla famiglia Barel, riesce a far~i amar~ dalla fancmlla, Cucci, che egli non è ben persuaso di ricambiare. BibliotecaGino Bianco

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