Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931

246 A. GA'l'TI, Ilia ed .tllberto lano nel mondo la potenza trionfatrice clel bene non sono mai dimenti– r. .:i,ti. n fonrlo flPl li.bro è insieme sublime ecl umano, e le fusioni e i trapassi sono d'una sapienza naturale che, in questo come in ogni altro aspetto clel romanzo, -ci rende impo'ssibile parlare cli modelli. Iri ogni figura, anche nelle più umili e pi~ spassose, anche nel cuo~o Placido e nella cuoca Placida e nel cane Drm, c'è sempre un soffio eh grandezza. Un alone spirituale circonda tutti i personaggi e le loro miserie: il pancione cli don Giacomo, le piroette cli don Regazzoni, le singolarità discorsive cli Nilsen e di Popp, la pazzia di Placida selvaggiamente attac– cata alla memoria cli Ilia, le stravaganze desolate dello spiritista, le pose statuarie di de Mastracchio, la, gobba di Daniele : cc La voce cli Da– niele s'affievoliva, ma, il volto s'illuminava sempre più. Quel segno di miseria sulla schiena ora si mostrava tutto, e dava maestà e quasi san– tità all'inno cli speranza; poiché la grandezza e la, miseria degli uo:rµini rendono evidente quel Dio, cli cui la mediocre fortuna sembrerebbe poter far senza». Solo Ilia è sine labe, luce c.he piove su tutto il libro, signi– ficato e immagine della sua grandezza mora le e ~rtistica. Eppure anche Ilia rimane sempre personaggio cli questa terra: anzi la maggiore sin– golarità del romanzo ,è che essa, pur dopo la morte, nei capitoli che se– guono, continua a rimanere immagine di questa terra, non perde le sue qualità, la sua figura, la sua grazietta ( cc Tutta, la sera, e tutta la notte, e poi ancora al tornare dell'alba, fra la gente e nella solitudine, un po' lieta e un po' triste, la voce cl'Ilia, ripeté: - Sono una povera scim– miottina: faccio tutto quello che.fai tu, - »), si mescola, - cosi com'era in vita, - nelle vicende e nei fatti quotidiani cli Alberto ; e solo quel senso cli lontananza che accompagna il suo volto dagli occhi carboncini quando esso riappare e la sua voce quando essa risuona cli nuovo nel cuore di Alberto, ci dice che essa non è e non sarà mai più. Ciò che riconduce Alberto alla vita sembra tutto quel ragionare che egli fa ed ascolta, che lo libera dalla ribellione contro Dio e gli fa concludere, cc il bene, che par sconfitto caso per caso, regge il tutto » ; ecl è invece il calore cli quei ragionamenti, il sentimento animatore cli quella logica, la passione triste ma forte e serena di cle Mastracchio e che cle Mastracchio ha at– tinto dal suo a,ffetto per Ilia. E perciò quei ragionamenti non pesano mai: perché c'è dentrò la forza d'un'anima che -è scomparsa dalla terra ma è sempre viva e lavora nel profondo dell'essere che ha amato e lo strappa al dubbio e aUo sconforto ~ risorge con quell'immortalità che è la sola che noi possiamo immaginare per le persone amate: quella del– l'immagine che ebbe in terra. Ho parlato di de Mastracchio, e avrei dovuto parlare anche di Te– resa, Vallauri, clell'Errera, di Daniele .... : morta Ilia un sentimento unico, che si rinforza e cammina, si rifrange con una :Ueravigliosa ric– chezza in quei colloqui in cui Alberto ora tace ora discute e lentamente cambia, e n~i paesaggi che accompagnano le sue meditazioni e rivelano a quell'uomo che piange la morte il flutto universale e perenne della vita. Dieci citazioni mi s'affacciano alla mente: i monumenti e le chiese cli Roma che levano nell'aria, il grido dell'immortalità; la contemplazione che passa clal cielo stellato al piccione spolpato dalle intemperie, ad Ilia morta, e ritorna alle stelle che muoiono e risorgono .... BibliotecaGino Bianco

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