Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

36 S. d'Amico il Teatro, il grande Teatr,o, vuole spettacoli contemporamei, vuole la voce di poeti del tempo suo: i pad,roni dovramino, dunque, esser loro. Autori, in primo luogo, italiami; e in s,econdo luogo (perché oo·o·inessun tea,tr,o, in nessun pa,ese del mondo, potrebbe vivere del s~l~ repertorio nazionale) stranieri, con una limitazione sola: che le opere stra,niere siamo, veramente, degne d'esser conosciute. A questo scopo, ossia per la lettura e proposta dei lavori d'a rappresen– tare, a fianco della Direzione centrale dovrebbe esistere una pic– cola, eccellente, e rirn1u,1 ·iera.ta , C ommissione consultiva; cosi po– tesse anche essere ignota a l pubb lico, o andare irn giro col viso co– perto, come i membri del Consiglio dei Dieci! Ma s'intende che ogni decisione, amche per questa materia, in ulti:pm istanza e inap– pellabilmente, dovrebbe esse-re rimessa al Direttore generale. Presso la Direzi001e centrale dovrebbe esistere: primo, una casa editrice col suo bollettino, la sua rivista, e le sue pubblicazioni in volume, sul Teatro a.ntfoo e moderno. Secondo, una Biblioteca tea– trale, per cui g ià si oono scono va.rii nuclei dispersi, da riunire con poca spesa, e da integra.re in poco tempo,~ po.ida terne-real correinte. Terzo, un Muse o, del Teat ro ita.liano: anche per esso già si conosce qualche nucleo importamte, e promesse ufficiali: il resto deve venire, e verrà. E presso ciascU'no dei tre grandi teatri, e sotto la immediata di– rezione dei loro capi, dovrebbero esistere : una scuola moderna, rnOIIl solo pèr attori, ma anche per scenografi e per régis)Seurs ; e uno sti~dio o tea.trino sperimentale, sia per gli allievi di recitazione, d'i scenografia e di régie, sia per quell'opere d'a.utori nuovi, che meri– tano d'essere additate a, un piccolo pubblico d'intelligenti, ma non possono essere ancora portate, sotto pena di far fallire i teatri, al giudizio d'un gran pubblico. Si dirà che il disegno è troppo vasto e.costoso? Ma rnon mai, come nell'ora presente, il Teatro italiano ha avuto bispgno del motto , ibseniamo : « o tutto. o nulla )). Si dirà che a cotesto modo si crea un regime di privilegio per tre sole· compagnie? È ben quello che vogliamo: vogliamo, in urn paese senza più Teatri d'arte, crearne almerno tre. A patto, s'intende, che i privilegi sia!llo rigorosamente giustificati. Il problema grave, dopo queHo fondamentale della scelta del Di– rettore generale, resta quello dei tre régisseurs, o maestri di scena (e dei loro attori). Qui non esitiamo a dire che bisogna non avere impa,zienze; ma, poiché Roma non fu fatta in urn giorno, incomin– ciare con l'aspettare. Rivolgersi ai veccM direttori di compagnie, 11,0: la prova che, salvo minime eccezioni, essi hanno dato :fino a oggi, è stata troppo sconfortamte: soonfortamte non tanto per i ri– sulta,ti a cui coi loro mezzi nessuno poteva arriv•are, quamto per l'assenza di intenzi001i e di iniziative. Ma nemmeno ci si-,può, a BibliotecaGino Bianco

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