Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

La crisi del Teatro 35 sto Stato dovrebbe negare il den aro a un istituto, o ente, o c hiama– telo come volete, che s'occupasse, metodicamem.te' , agilmem.te, giova– nilmente, dell'attvazfone d'un felice programma d'arte dr amma– tica. Non si vede perché l' Acca-demia d'Italia, la quale dispone d'UJI1 milione annuo, ottenuto da una parte di ciò che l'Erario incassa con una nuova imposta sui Teatri (quella del cosiddetto dominio di ,Stato, sopra le opere già cadute in pubblicò dominio), non sentirebbe il · dovere di restitwire al ·Teatro questa somma, invece di sperperarla in cento piccoli sussidii inutili, il cui elenco sùscita ogni anno le più allegre pr,oteste. fufi!lle 1I1onsi vede perché mai la Società degli Autori, nei li<miti delle sue possibilità, {llon dovrebbe intervenire runch'essa nella soluziòne d'un problema, alla quale è così diretta– mente interessata. Un Istituto Nazionale del Teatro drammatico dovrebbe· dunque,. oltre che delle ·agevolaziollli di cui dir~mo, disporre anzitutto : di ampii fo!lldi goveooativi ; -di serii coilltributi dell'Accademia e della Società degli Autori; e illlfillle,com'è naturale, delle quote de' suoi soci (ai quali ultimi andrebbero offerti adeguati corrispettivi). Dovrebbe .avere un direttore scelto bene, inamovibile, almeno per u!ll sufficiente periodo d'a!llni, sottoposto solo i!ll ,materia econo– mica al controllo d'un consiglio d'ammilllistraziollle, sottratto a ogni influenza politica o di partito dalla diretta e piena fidlucia del · Capo del Governo, e munito, !llelcampo artistico, di poteri' ,dispotici. Da questo direttore dlovrebberio dipendere tre grandi teatri, cia– scuno dotato di una compagnia sua, nelle tre città che finora hail!llo, se non ·altro c001le cifre, mostrato d'i,nteres,sarsi UIIl pooo più del– l"altre alla vita del Teatro: Roma, Milaino, Torilllo. Teatri forniti dai rispettivi municipii, per UJI1a legge simile. a quella che li obbliga a fornire allo Stato gli edifici scolastici ; teatri moderni, nel palco- . scem.icoe nella sala, la quale dovrebbe contare IIlO!Il meno di mille– cinquecento ,posti, per accogliere un pubblico grande e, come di– remo, llluovo; teatri dli.retti ciascUJI10 da un suo régiSsewr, scelto dal direttore generale, e dipendente solo da lui. Per !!lovemesi dell'3,!111IlO le tre compagnie, ciascuna avente repertorio e caratteri suoi, do– vrebbero alterinarsi, di tre in tre mesi, nei tre· teatri; e consacrare il resto dell'alllilo, oltre che al 1I1ecessarioriposo, a brevi giri artistici lllell'altre città (coltl viaggi gratuiti). Il repertorio di questi teatri dowebb'essere, in massim·a parte, attitale. Per l'a,mor del Cielo non ricadiamo nel solito equivoco sco– lastico e accademico, che Teatro d'arte voglia dire Te:atro retorico, e che per dare un tòno dignitoso a un programma teatrale ci vogliano le commedie latine e i drammi pastorali. Alle cosiddette « esuma– zioni)), specie se operate attraverso una vivace sensibilità d'illlter– preti moderni, no!ll diciamo che si debba chiudere assolutamente la porta; si dovrà, in ogni ca,so, ridurle al minimo. Ma in tutti i tempi BiblrotecaGino Bianco

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