Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

La crisi del Teatro 25 tamente, ostile a.ll' arte na,zionale, disposta a riverire le opere stra– niere (molti p recis amo: fraillcesi) o ad applaudire alle compagnie venute d'Oltralpe, ma sempre pronta. a spegnere gli entusiasmi verso i tllostri scrittori, le nostre iilliziative, i tllostri attori. Fandonie, ripetiamo, solenillissime, smentite dalla crollla,ca di tutto questo principio di seoolo. Come si fa a pialllgere l'iillvadenza teatrale fran– cese, proprio or•a ch'è notevolissimamente diminuita, dacché le no– stre compagnie esercitano una larga scelta tllel repertorio di tuttai Europ-a ? E come si fa a lamentare la scarsa qualità delle opere provenienti da altre nazioni straniere, proprio qua,ndo fra esse la percentuale delle opere d'arte è molto più alta che per il passato? Si può dire che la robaccia fr·ancese che ancora arriva fra tlloi è– orma-i destinata quasi esclusivamente a poche oompag,nie comiche. Ma dal caillto suo la critica scrive ogni giorno, di quella robaccia, tutto il male che si merita; mentre non farebbe e non fa altrettanto con la cattiva produzioille di casa, nostra. Perché se la critica italiana ha ecceduto,· in questi ultimi tempi, verso gli artisti italiani, ha dicerto ecceduto m:eldirne bene; se ha perduto, come ha largaimente -perduto, la fiducia de' suoi lettori, è stato in buona parte per aver detto troppe volte « andate a vedere– questa oommedia >>, quando la gente trovava che tllon ille valesse assolutamente la pena. ,Si domanda clii, se illOnla critica, abbia as– sunto da an!Ili la difesa del nostro nuovo Teatro, contro il pubblico, ' miso!Ileista e riluttante. E si ricorda che i!IlItalia illon c'è stata, dal dopoguerra in qua, iniziativa anche sballata, che la critica !Ilonabbia (purtroppo) appoggiato ; non c',è stato teatrino privato, salotto ooat– tato a pa-lcoscenic-o, gruppo di dilettanti p,roclamatisi riformatori dell'arte, che, - aippunto per la disperazione dell'ora, e per la sete, d'uscire dalle strettoie della bottega, - la critica italiana e rom;ma in specie non abbia frequentato, incoraggiato, discusso, cotll una benevolenza qualche volta ridicola (e chi non ha pecc;tto scagli la prima pietra). · Eccessi scusabili e ainche lodevoli, d'accordo, perché cagionati dal desiderio di favorire ogni tlluova corrente nostra. !Ma eocessi, e non difetti. D'altra parte, fedele al giusto principio che dall'estero noill si de-bbano import·are se non opere degne, la stampa italiana ha di regola giudicato le opere d'arte straniere, lllOn solo colll una piena libertà, ma spesso con urna severità, o urna freddezza, che si è esercitata anche su autori di pdm'ol'dine. Potremmo ricordare certe– stroncature ita1iane di Claudel, di Shaw, di Gorki. di Molnar,_ ecc,-, dove non si peccava di soverchio rispetto. E non vogliamo iinsistere sull'indifferenza, la gelidità, e fino la scortesia, usate da parecchi giornali importrunti verso attori e compagnie insigni venute in Ita-lia dall'estero. Infine ci son d.a. ricordare le periodiche lamentele d'ordine di- BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy