Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931
18 S. d'Amico I Tommaso Salvini Lanciotto. Ma spesso, sempre più spesso eol tempo, per ragioni economkhe e per ragioni di vam.ità, s'ebbe il fenomeno del cosid(ietto « mattatore >>unico ; del grande attore -0 del gramde mimo, che si circonda tranquillamente di mediocrj o di guitti; p@ché sa, o crede, che a riempire la ,scena (,e la platea) basta lui solo; e se Des demon a è una povera cinquruntenne grinzo~a e sfiatata, e se ,Jago è un ra.ga ,zzaccio rauco, pazien~a,; il pubblico e Shakespeare si potra111noc o111t entaredi Otello, che è cosi bravo da compensare, si diceva, ogni deficienza altrui. Questo fenomeno, accentu,a,tosi sempre più fra noi con la fine del secolo scorso e il pri111cipio del 1110.stro, divenne irrimediabile quando a fare il «mattatore>> la pretesero non più i gramdi attori veri, ma attori di secondo, di terzo e di quart'ordine; che i!Ilaltri tempi sa– rebbero stati sì e no a posto sullo sfondo del quadro scenico, e che adesso Ì!Ilveces'illudevamo di chiamar gente avanzandosi, da soli, in primo piano. In realtà in Italia, e no111 solo in Italia, la razza dei grandi attori, dei colossi della scena, o semplicemente degl'inven– tori e ricamatori geniali di trovate sceniche e mimiche, di « sog– getti>> e di la,z~i, accen111a, spegnersi sempre più: forse perché i «fì,gli d'arte>>, adliestrati alla scena da una generazione all'altra, son press,oché spariti, e le 111uove reclute al palcoscenico le fornisce una più timida borghesia; forse perché, con la loro sparizione, il palcoscenico no111 è più la scuola dove si mantenevano le tradizioni d'u!Ila volta, e le scuole di recitazione pubbliche o private son troppo inadeguate al loro c6mpito; forse perché, 111el livellamento della cul– tura moderna e dei gusti nuovi, le gra,ndi individ:ualità accenina!Iloa sparire, ,n,on in questo solo ma _in molti altri campi art1stici, la– sciando il luogo a u111amedia più volenterosa che potente. La mo– ra,le si è che, di temperamenti spiccati, le ultime rivelazioni oggi le abbiamo avute quasi soltanto in un teatro à coté, limitato alla mae– chietta e al gergo, il teatro dialettale (Musco, Petrolmi, Viviani e simili). Ma, se volessimo far i nomi d'un grande attore o d'una grande attrice italiani che non abbian toccato almeno la cinquan– tina,, qurunti potremmo farne? Questa povertà d'interpreti, caratteristica del tempo nostro, all'estero non si avverte, o si avverte molto meno, per -una lagione semplicissima; che al grrunde interprete-attore, si è ,sostituito il grande interprete-direttore o, come si dice co!Ilpa.rola francese di– venuta i!Ilternazionale, metteur-en-scène : la scena moderna oggi si chiama Stanislawski, Reinhardt, Meyerhold, Tairof, Pitoef, Oopeau, Piscator: tutti direttori. A capo di compagnie che da molti Mmi, e in quaJche paese da secoli, inoo sono più ,guitte e girova,ghe, ma si son f ermate in t eatri stabili, moderni, cori palcoscenici moderna– mente attrezza.ti , questi direttori, colti quanto geniali, servoodosi d'attor i creati al la loro scuola personale, foggiati secondo il proprio BibliotecaGino Bianco
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