Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

4 S. d'Amico Dramma perché è cattolica. Cos'è Dramma? è contlitto senza so– luzì,one · cos'è Cattolicismo? è conciliazione; se questa è stata la ' .. terra dove il Divino s'è conciliato con l'umano, l0 Spinto coin la forma, il Cristianesimo oon Roma, di ooillflitti drammatiçi non è più il caso di parlare. Al che altrove ci siam permessi di repHcarfl: primo, come mai altri paesi, Francia e Spagna, proprio nei periodi più fervidamente cattolici della loro storia, hanno avuto dramma– turghi caJttolicissimi (i grrundi spa,gnoli sono addirit,tura tutti preti ) '? E come mai, se questa ragione bastasse ·a sp;iegare la mancam.za, del Dramma tragico, l'Italia non ha 111emmeno avuto, per milleset te– cooto anni, la Commedia ? Tuttavia, l'aristarco può risalire amche oltre il Cristirunesimo, e arrivare alla Repubblica romana: a quando Terenzio, l'i11moyatore delicato, l'amico degli Scipioni e dei Lelii, il protetto dai salotti i1ntellettuali e grecheggianti, volendo insegnare ai troppo rozzi Ro– mruni che si potevano intrattenere gli spettatori a qualcosa di più fine di quel che avevano goduto sino allora, trovò, come a,lle· volte succede anche ai giomi nostri, l'aiuto del capocomico ,colrto, Ambi-. vio Turpione, e invitò il pubblico alla prima rappresentazioine della Suooera. Ed ecco che, empìto il teatro e incomimciato il p,rologo, si sente sonare tutt'a un tratto, dalla piazza vicina, u,na tromba: sal– timbanchi che fanno i giuochi suUa corda. Di colpo gli spettatori s'alzaino e si squagliaino, per am.dare a vedere gli acròbati; e il teatro resta vuoto al punto che gli ,attori, per non recitare aUe gradinate, dlevono smettere. O dunque? Du111que, nel sesto secolo ab urbe oondita, in Roma già sucoedeva quello che suocede oggi, quando nella stessa giornata in cui .si •recita, al Valle o all' Argentima,, si dà ,allo Stadio una bella partita di calcio. La coincorrenza dello Sport al Teatro era già co– minciata nel 16? ava,nti Cristo. E del resto si sa che anche Terenzio, 0001siderato con qualche rigore, a certi studiosi dl'oggi non appare se no111 uilla specie di tra-0.uttore, in cui il più benevolo dei suoi am– miratori, Caio Giulio Cesare, no111 vedeva più d'un « mezzo Menan– dro)). Come già Plauto a un giudice di gusrto fine, Orazio, era sem– brato grossolano e « Me<toso>> al confrooto dei 001ntami111ati modelli greti. A quesito punto della discussi0111e,arrivò a proposito l'estetica cr,ociana, famosa per truglia;rei nodi gordiani col metodo d' Alessan - dro : « Voi vi domandate perché 1110n c'è un grande Teatro italiall1o ? Oh bella. N Oiil c'è perché non e' è>>.E qui si fece un gram silenzio riverenziale; e ci si limitò a prender rutto: la crisi del Teatro ita– liano dura da d'uernila airmi. BibliotecaGino Bianco

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