Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

2 S. d.'A.mioo un sno s~ritto famoso, La fisima del Teatro Nazionale, si divertiva a elencare l'ansie periodiche, e le metodiche dleplorazioni, contenute· iin appelli privati e iin relazioni ufficiali, di studiosi, d'artisti, _e perfino d'uomini politici; tut ti d'accordo, almeno dal 1814 in poi, nel riconoscere che si sta.va attraversando un periodo ,<:ligraind~ decadenza,, e nell'invoc are i provvedimenti artti a superarlo. E il bello si è che la lista, lunga e piacevole, scioriinata dal Martini, non è completa: a letterati come il Oolli111i, lo Zrunrnoni, il Giraud, il Bat– tàglia, ad attori come il Righetti, il Canova, il Gattinelli, a deputati come il de Maria, il Brofferio, il Bottero, bisogllla aggiungerne altri. Per esempio, il marchese Cesare Trevisani; che per incarico del Berti, ministr,o dell'Istruzione, nel 1867 pubblicò anche lui la sua brav,a « relazione storica ll Siille condizioni della Letteratiwa dram- 1natioa italiana ne.ll 'iiltim.o ventennio ; relazione, .si capisce, mesta e sco111Sola,ta; d ove si prendeva atto, al solito, della, decadenza della pr,oduzioine offerta nei teatri italiani, - allora calcolati iin 350, con un « pa,scolo ll, così diceva il signor marchese, di circa 100 mila spettatori per sera; - e si concludeva con l'appello ,di rito al Go– verno. Diciassett'anni appresso, ossia nel 1884, il signor E. Mon– inosi indirizzava a Guido Baccelli Ulllaimplorante « lettera aperta)) .sul Teatro italiano ; nello stesso anno, l'attore Alessandro -Mar– chetti inviava proprio al ,Ma,rtini, divenuto a sua volta ministro dell'lstruziooe, l e sue « lettere aperte al barone Francesco de Ren– zis ll, i111titola.te I tarli ète1UJarte dramvmatica e co111tenentii soliti ge– miti sulla deca,d enza, ecc., oon 111uove· proposte di im.terventi go– vernrutivi. Quanto all'idee del 1Martini sull'argomento, terribilmente scet– tiche e misoneiste, tutti le conoscono. Egli le aveva già accennate al Congresso dram.matico italiamo, che si ten111e a Firenze, ,nel luglio del 1876; dove si limitò a porre qualche dubbio sull'efficacia, educa– tiva e civile del Teatro, a difendere da eventuali costrizioni •gover– native la libertà dell'arte, a raccomandare la sua schiet,tezza e la sua «verità)), a mostrarsi poco tenero d'elle .scuole, e insomma a far capire che l'arte, se cammina, cammillla da sé, e il Governo non c'ootra. Tutte cose poi metodicamente riprese, sviluppate e concluse lllel citruto scritto sulla Fisima ; dove il suo scetticismo sulle pr,ovvi. denze, sui premi, sugl'istituti di Stato, ecc., prese a illlsegina 1lllla favola del Krilof : Una soirwmia) Utnasino) wn montone ed un orso sii cacciarono in testa di concertare wn quartetto. Procacciati musica e strumenti si adiunano sotto~ fol.to g:uppo di tigli. Provano) riprovano, il qi~r– tetto non va. Dic e la s cimtm4((, : « Finohé stiamo in pfodi non se ne fa rvu,lla / a sedere)). Daocapo : gli archi raschiano le corde stri– d,ono). f~s~idio) non musica. Vasino ablora : «Ho dapito : bisogna rnettersi in fila)). Detto fatto. Ricominciano). peggio di prima. BibliotecaGino Bianco

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