Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931
122 J. CHARDONNE, Eva ou le J ournal interrompit desima risel'va, non è forse già una rottura di quell'intimità che si voleva as,soluta ? Ma in questo gioco tra quello che il protagonista veae e scrive della propria situazione, e quello che egli intravede confusamente, senza confessarseilo, e quello infine che egli ci rivela, inconsideratamente, senza l'ombra di un sospetto sul significato di certe parole che egli scrive, ha appunto modo di dimostrarsi la singolare facoltà di a,rtista del Char– donne: il quale non vi si impe_gna mai scopertamente, lasciando a ogni fatto, a ogni possibilità quel tanto di indeterminato, di ambiguo che è di ogni cosa vitale. Di qui il do:no di creare un'atmosfera sensibile, tutta una fuga di piani chiaroscurali, che hanno per sorte di trasportare, di creare nell'arte l'illusione di quella profondità, e indefinita ricchezza di significati che è nella vita. Di qui, anche, la più forte differenza che separa, e a tutto vantaggio del Chardonne, l'opera sua da altre del ge– nere, e ad esempio da quella, pure l;l,Ssaiaffine per concezione, voluta dal Gide ne L'École des F'em1nes. Qui tutto è malizioso, tendenzioso, insi– dioso, e alla fin fine sordamente polemico: che -è quanto dire limitato, privo di quelle onde di risonanza spirituale stendentisi un poco in tutti i sensi, che son d'ogni arte vera. Ma una discrimina,zione più preci:sa, quale qui si richiederebbe, tirerebbe il discorso troppo in lungo. Torniamo dunque a Eva. Ecco che tre anni son passati; rinunciando alla carriera, alla vita dispendiosa di Parigi, egli ha fatto costruire una casetta in campagna, dove vive da piccolo proprietario. .Sarebbe la felicità p,er– fetta, senza una piccola ombra, una incrinatura quasi inspiegabile, che viene dal contegno di Eva. Sensazione che si addensa, sino a una crisi : Eva non si può vedere in quella campagna, tanto diversa da quella ove è cresciuta, il paese di Vaud. -Solamente qui ella troverebbe la pace, la serenità. Che fare ? Egli a,ccetta un piccolo impiego in uno di quei villaggi, vende rovinosamente la casa che ha fatto costruire, ed eccolo con la moglie n«èlllapatria di Constant. Ma l'ombra non svanisce, anzi si precisa~ Eva soffr_edella umile condizione cui è ridotta. Poi si am– mala, sempre più gravemente, è curata, per caso, da un medico che fu il suo primo corteggiatore, ancor fanciulla. Dopo un'opera,zione, occorre un lungo soggiorno in una casa di cura. Poi, il marito ha cattive notizie dlella salut~ di sua madre, in Francia, e si decide al viaggio, e a una assenza forse prolungata. E qui il diario potrebbe arrestarsi : ma ecco una nota finale, dopo parecchi mesi, datata da Parigi, che a prima vista sembra distrugger tutto quel che fino allora s'era edificato ma in r,ea-ltà è la maturazione di quella vicenda profonda che quegli' appunti lasciavano appena trasparire. Eva, nell'assenza di lui, ha divorziato, sposa il dottore. Ed ecco, dopo il primo stordimento, il nostro eroe scopre (a distanza di otto mesi) « que le départ d'Eva et mème son pro– chain mariage me sont indifférents .... La femme que je nommais Eva et qui a rempli ma vie, n'avait aucun rapport avec l'ètre de mensong; et de folie que je vois maintenant. Elle qui m'a quitté a pris instantané– ment un visage étranger ». Ma un amico gli osserva che l'immagine che egli si faceva di Eva era giusta, con una sfumatura tuttavia che ella, non lo aveva amato mai. E a questo punto, si ·sarebbe tentati di sospettare che il Chardonne non per altro si sia attaccato a quel particolar genere di soggetti di BibliotecaGino Bianco
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