Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

F. AGNOLETTJ, Il bordone della poesia 115 -------- FERNANDO AGNOLETTr, Il bordo-ne della voe8ia. - Vallecchi, Firenze, 1930. L. 10. Agnoletti ha cinquantacinque anni, ha scritto due libri soli, - Dal g·iardino all,Isonzo, 1917 e questo Bordone della voesia 1930 - e in- . ' ,, srnme non fann6 quattrocento pagine. Ora che gli scrittori han presa l'abitudine di partorire un tomo all'anno, è un merito questo che do– vrebbe contare presso gli esperti di buone lettere. C'è un dono d'inten– sità e di valore lirico, in molte pagine. di Agnoletti, più che in quei va– lenti di penna, forse per quell'aver cominciato tardi a scrivere, che gli risparmiò i tentennamenti delle prime esperienze, e gli mantenne l'animo caldo, l'animo e le parole subito obbedienti. A quarant'anni non si ha più l'aria sfidante di scoprire nuovo mondo, e le poche cose che si pos– sono dire sono guardate con la malinconia cfol ricordo, che è quanto ba– sta per mantenere l'estro, e difenderlo dagli scadimenti delle commo– zioni troppo disarmate. S'ag·giunga il carattere proprio dell'uomo, legato alla realtà con una dura e dolce catena, e la sua ambizione sociale e umana conservatagli da una vita ricca sperperata, con quasi nessuna inclinazione di 1etterato. ,Scrittore dunque a tempi, e di necessità. In questo suo nuovo libro, una pagina subito ferma il lettore: « Per scrivere quasi bene avrei bisogno di non badare ai nemici della vera fede, .di smettere passione e polemiche; parlare rado e piano di quelle belle cose ver,e che dicono tanto se si riesce a dirle un poco. E non alzare mai né le mani né la voce)).... non scrivere « a baionettate )) , come poi aggiunge. Quanto pu<iore in quel « quasi bene)) .... « un poco >l, di sa– pore pascoliano, proprio di chi sa che dono è lo scrivere, raro dono; e quella confessata pena per non sapersi liberare dal male che più duole, « passione e polemiche )J ! Nato a posta per compiacere alle sue qualità trovpo umane, capisce che quella non è la via per acquistarsi il titolo d'artista: che ci siano sì, ma che si purifichino e si salvino nella pagina. Ma quei quarant'anni a, qualcosa ~ono serviti. Poteva na.scere, forse, un uomo tutto volto•all'azione, e non nacque: dalla tristezza d'un ,mondo caduto ecco formarsi uno scrittore per disperazione malinconico. Quella realtà da dominare e sulla quale imprimere lo stampo suo, gli sfuggì nella vita e nell'azione, ma l'ha ritrovata nelle parole, queste, si, chiare, solide, certe, ferme. Perché l'arte di Agnoletti puù, nel suo principio, nel suo nodo vitale, parere, ed è infatti, complicata, affaticata, stanca, ma acquista luce e sicurezza nel fatto dell'espressione. Sembra a volte quasi impossibile che da un fondo grigio, opaco, dolente, gli sia riuscito di ricavare suoni così chiari, e che il sapore della parola sia terrestre dove più la formazione fu incerta e fumosa. Tosca.no, for,se per essere vissuto lunghi anni lontano dalla sua terra, in terra d' esilio, ne ricercò la presenza nel volto della lingua, la lingua illustre degli scrittori classici, non già quella delle provincie, delizia dei narratori d'oggi (non tutti). Lirico, lirico dico e non idillico, si salvò dalle minuterie realistiche e da quelle, più fastidiose ancora, che sono le minuterie verbali. Nella sua prosa, il primo moto è in un cogliere a volo l'estro, senza spiegamenti lussuosi. Si direbbe che ricordi il Carducci, quando si spoglia dei suoi crucci per riposare sulla pagina,

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