Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

94 D. Giterri solotti; e che servisse a nai::condere ignoranza e pigrizia; .e che accen– ùesse petulanza e improntitudine. Non aveva torto: col suo senso di– ritto, tanti pailoncini non sarebbero sta.ti gonfi.ati, con .sicuro vantag-gio, per lo meno, dell'estetica stessa. Nel 1883 lasciava l'Accademia di Milano, dove gli suc~de,va Fran– cesco Novati, e passava agli Studi Superiori di Firenze, allora insigni di molti hei nomi. Giungeva col carico di un enorme sapere, allargato in ogni campo che potesse in qualche modo confluire nella sua scienza, anche .se con deriva,zioni remote; e insieme avendo raggiunto il mas– simo della sua capacità costruttiva. Infatti pochi anni dopo, nell' '86, pubblicava Le origini dell'epopea franoese, una sintesi poderosa, pur essendo nutrita di tanto lavoro ahalitico nuovo : dal quale fortissimo libro riusciva dimostrata e chiarita la natura propria dell'epopea fran– cese, e insieme la sua derivazione dell'antica epopea germanica,. Non ci dovrebbe essere -studioso della letteratura, qualunque sia il ramo che ne coltivi, che non ne avesse letto almeno l'Introduzione magistrale, e il capitolo delle Origini prvmitive. Se con le Fonti il Rajna aveva, fatto dono alla sua sciooza pre– diletta di una rie.ca provincia, si può dire che con le Origini 1e con– quistò tutta intera la regione romanza, tra il tèma proprio del libro, ch'è assolutamente primario, e tanti altri tèmi, che, vi stanno come sus– sidiari, quali vassalli attorno a un monarca. L'autore, già noto favore– volmente anche all'estero, ne guadagnava un'estimazione europea. Di buon diritto: ché lo stesso Gaston Paris, dalla cui opera capitale l' His– toire poétiqu,e du Oharlemagne « ba preso le mosse per l'epica della Francia il lavoro veramente scieillt.ifico)) (son parole del Nostro), giu– dicò che il nuovo libro italiano dava a quel tèma la sua più vera e più compiuta sistemazione. Vero è che il Bédier ha poi rivisto e modificato i risultati del Ra,jna e del Paris, universalmente accetta-ti; ma prima di tutto il materiale rajniano non gli è stato dì scarso aiuto; e poi è un gran vanto che quelle induzioni rimanesser ferme per tanti anni nella loro somma, come tuttora restan ferme in tanta parte, in un tèma già fieramente disputato fra studiosi di prim' ordine in tutta l'Europa. Il Rajna vedeva questa_ sua nobile dama, la sua disciplina collo– cata in un altissim·o trono, eh 'era poi la cattedra da cui la ins~gnava. Si può anzi dire che la, sua cattedra e la sua scienza fossea:-tutt'uno per lui; e questo spiega meglio d'ogni altra cosa il carattere proprio dei -suoi libri maggiori e dei numerosissimi contributi minori, nei quali sem– pre l'attenzione didascalica, di sfora universitaria, è pari alla sicurezza scientifica, ma supera l'interesse lettera_rio, formale artistico (sebbene non abbia mai scritto una, pagina sciattamente, ché' se mai peccava del contrario, di studio manifesto e, di colore). Chi non abbia seguito ma-i alcun corso del Maestro, può farsi un'idea di come concepisse il suo insegnamento dalle poche pagine che una cir– costanza di riforme ministeriali (non amava che fossero troppo fre– quenti) lo indusse a scriverne nella Nµova Antologia del 15 gennaio 1878 col titolo Le letterature neolatine nelle nostre itniversità. I suoi scolari vi ritrovano la coerenza perfetta dell'uomo, tra la sua pratica, che non mutò mai, e i suoi principii, ai quali rimas·e sempre. fedele. BibliotecaGino Bianco • I

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