Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931
9 ') ,;; P. Pancrazi - Ricordo di Umberto Fracchia II. Ma dello scrittore, dell'artista che fu Fracchia,, verrà per noi altra occa.sione a parlare. Molto già se ne è detto in questi giorni dagli amici, e ben detto. L'importanza dei suoi romanzi, e specie di Angela, nell'arte narrativa moderna, non è sfuggita né poteva sfuggire a nes– suno. È stato meno osservato, mi pare, un forte senso virile, una costante morale che si na,sconde al fondo dei suoi racconti. Fracchia stesso, lui per primo, sembrava schermirsene; e nei suoi libri la narrazione pura, fine a se stessa, e talora l'elemento sognante e fiabesco sembrano pre– valere. I suoi romanzi si mantengono non so in che atmosfera irreale; i suoi personaggi creano intorno a sé sempre un'aria di favola; i fatti cadono, si, precisi e necessari (s'è accorto nessuno che Angela è il solo romanzo italiano dove il primo romantico sorgere del fascismo ha tro– vato una trasfigurazione d'arte?) ma i fatti e le cose che Fracchia rac– conta hanno anche, non si sa come, del meraviglioso. Questa è la prima apparenza di lui, nel senso buono direi che è il suo segno, la sua cifra. Ma è tutto qui? Vedete Angela. Dietro tanti personaggi di primo e di secondo piano, ambienti e paesaggi variati, avventure d'amore, scene ùi morte, episodi di folle, dietro tanta narrazione cou,lante, una morale c'è. Una morale unica e non mai detta: la prostituta, il vagabondo, il bambino, l'omicida, l'eroe, purché non si rifiutino a vivere e a soffrire, tutti ha.uno ragione. Ha torto soltanto quel povero maestro Zimolo che dapprima era sembrato l'eroe buono del romanzo; ma il vecchietto aveva scambiato il suo egoismo per carità, la sua paura di morire per l'amore. E qual'è l'ultimo senso della Stella del Nord? Come il maestro Zimolo, anche quel povero maggiore Iupiter aveva creduto di poter crearsi una famiglia, fuori del legame naturale, unita da una volontà astratta, di bene. Ma« è mai possibile costruire qualcosa sopra una bugia?». Iupiter finisce per portare alla rovina sé e gli altri. Questo è il senso ultimo del romanziere: la vita dell'uomo trova in sé ogni volta la ragione di sé; sa i suoi rimedii, conosce i suoi compensi. Pecca contro la vita cosi chi le si nega, come ~imolo, fl cosi chi le si vuole sovrapporre, magari per una volontà di bene, come Iupiter. Nei racc;onti minori, e fino in certe prose tra l'agreste e il paesano che Fracchia veniva stampando in questo tempo, figure e tèmi fanno pensare più di una volta al mondo caratteristico dei « crepuscolari >> ; per esempio a Moretti. Ma lo spirito di Fracchia è diverso se non opposto. La povera gente dei «crepuscolari>> si rassegna alla sorte, rinunzia alla vita, o piange o sospira o prega. -I poveri dia,voli di Fracchia non rinunziano mai a vivere, anzi serbano sempre dentro di sé il germe di un'avventura futura. Contro tutto e tutti, persiste in loro la volontà e la speranza. In fondo a quest'arte, che cosi spesso sembra nostalgica, sognante, c'è questo germe vitale, questa sanità. Cosi era Fracchia. No– nostante queil suo tono quieto, e quell'aria talora quasi appannata, il disilluso amico dei letterati era sempre pronto a ricominciare e il roman– ziere a partire. PIETRO p ANCRAZI. BibliotecaGino Bianco
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