Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930

Stampe dell'Ottocento: ,i bagni di Pancaldi 523 giava le sue toilettes dai colori chiari, sfacciati, C-OIIl trasparenti trine e veli; e sulla testa trionfi e cimieri di pium~ rosa) verdi, az– zurre, bia1I1che.Teneva sempre l'ombrellino aperto all'ombra, eome una aureola di merl~tti; e all'ombra della casa, ché quella delle tende non le bastava; 1I1é faceva mai il bagno, per paura di spengersi, p~obabilmente. Sulle ginocchia il e-orno delle solennità, ricoperto di trine bianche renaissanoe ( quello 1I1ero era per tutti i giorni), e sul petto, in esposiziollle, la sua valigia al completo : il povero marito, le corna, l'uccellino, la mezzaluna, il ferro di cavallo, il nodo d'amore ... ; somigltava al ventre di runa sveglia. Sorrideva ve– dendomi, oome alla stazio1I1e,agitando la testa, co,n_ le quattro pu– pille che nuotavano in paradiso, e quella manina dalle mandorle preziosissime: « poterla tagliare!)) diceva la c ame riera ipocrita, poterle tagliare anche il collo! Ma sapevo oran;i.ai che la vita era quella; solo mi nascondeva qualche oosetta. Tutti i giorni a1le quattro faceva il bagno Tina di Loroozo, o, per dir meglio, « la Ti,na )) come D3Jllte: il cognome· IIlon si diceva più. Correvalllo per vederla da tutti gli stabilimenti di Livorno a quell',ora; era una specie di bagno di Diana che per l'attrice ven– tenille costituiva, sooza volerlo, una rappresentazione 1I1eigiorni delle vacaIDze. Mi sono poi domandato cento volte in che risied'esse il fascilllo che questa donna ammiratissima, che nOIIl fu un'attrice gran,de, né poi ,di una bellezza che non avesse riscootri, esercitò oome pochis– sime p er ulll ven tennio almeno. Era diver.sa da, tutte. Semplice, fresèa, naturale, in un'epoca in cui le dOIIlllle mancav8Jllo di sèmplicità; ed aveva un aspetto s8Jllo e collltento dina1I1zialle altre che nascondevano per vezzo la salute e la felicità, ed ostentavano d'rammi ililesistenti senza di che non credevalllo interessare. Le signore di Pa-ncaldi, che pure interessandosi alla loro arte ~ alla lo~o vita, guardavano le attrici oome bestie rar,e, dloillllle di un'altra razza, che si potevano ammirare solamente ma non ammet– tere 1I1ellapropria, amicizia, avevano per questa uno sguardo di simpatia sincera, ulll rioonoscimento aperto dell'ammirazioine che 1~ mdava in gran copia; quasi si rispecchiasse in lo~o la sua sem– plicità. Era il tempo dei grandi felillli sulla scena, che ruggiv3Jllo le lo~o colilquiste e la loro schiavitù con fragore di catene, agitando nu~ve bandiere audacemente davanti alle folle attonite, sulle loro ribelliolili, vittorie e so01I1fitte. La Tina in quelle parti IIlOIIl ci faceva figura. NOIIlera possibile per lei simulare né la tubercolosi né altre malattie, e nelle graIDdi ribellioni portava un sorriso inestinguibile sotto la pelle che fa– ceva sorridere gli altri. Pareva dire alle sue colleghe : « quaIDto BibliotecaGino Bianco Fondazione Alfred Lewffl4 Biblioteca Gino Bianco

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