Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930

638 V. GOE'l'HE, I dolori del giovane W erther l'altra lo conterrebbero, e ciò ,che non contiene deforma. Io posso farvene un antesignano del Leopardi perché come lui ha, sentito « l'intollerabile peso della noia>> perché par come lui persuaso che il destino ·«ci dà il massimo di felicità quanto più ci concede di vaneggiare nelle dolci illu– sioni >> e « che gli uomini son felici prima d'aver la ragione e dopo che l'han perduta,>>; e posso farv(lne un precursore di .Schopenhauer p,erché · in una sua invocazione c'è già come un presentimento del Wille auto– generatore eò. autofagico intuito quarantacinque anni dopo da quel suo aggrondato e geniale concittadino francofortese : « O Cielo, o Terra, o palpitanti forze intorno a me! Ormai non vedo nulla, tranne un mo– stro 0he eternamente ingoia, eternamente rumina>>. Pessimista allora? Sì, st'l accettate la, definizione di Carlo Michelstadter secondo cui « pes– simista è l'imperfetto pessimista», un Lenau, un Schumann, un Amiel, per spiegarci; mentre Parmenide, Eschilo, Cristo, Ibsen, Beethoven che annullano il mondo negandolo, i pessimisti perfetti a .fil di logica, non sarebbero affatto tali per la loro stessa rassegnazione di .superamento. Werther è dunque ottimista perché chi per amore s'uccide attribuisce valore a qualche cosa ed è, - nullità delle definizioni! - pessimista, sia pure imperfetto, perché, lungi dall'annullare il p-roprio dolore identifi– candolo con quello universale, esce nell'umana, stupendamente .elemen– tare domanda: « Ah, davvero altri prima di me furono tanto infelici ? >>. Questa domanda non ha tempo, mentre è ormai stabilito far risalire il sentimento di Werther per la natura a Gian Giacomo Rousseau. E tut– tavia, se si concede che questa «natura>> da Sturm und Dr(M'/,g è ben lungi dall'esser naturalistica ed è piuttosto proiezione del sentimento sulle cose esterne, v.erità interiore tal quale han cercato di darla, di re– cente, a loro modo e con ineguale evidenza, tanto l'espressionismo te– desco che la succedanea e affossatrice neue Sachlichkeit, vorremmo an– c6ra ostinarci a chiamare storico ,e unico ciò che viceversa si ripete in forme varie ad ogni gen.erazione ? Anche per quest'inclinazione che par la più lontana dall'attualità, Werther finisce per essere contemporaneo e così per quella sua ironia mitigatrice del pathos che, come potremmo ampiamente esemplificare, non precorre già l'autoironia romantica che imperversa da Tieck a Hoffmann a Chamisso, ma piuttosto il nostro sorriso di passionali bene educati, scanzonato e dolente. E che dire infint'l se un sa.Ito di W erther ci porta alla presenza di Sigmund Freud ? Una volta il nostro amico si spaventa sul serio: fino a quel momento ha creduto che il suo fosse « il più santo, il più fraterno amore», non ha mai avvertito un solo desiderio colpevole. Ed ecco che una notte sogna di tener l'amata tra le braccia, di stringerla al petto, di coprir « la, sua bocca d'infiniti baci>> mentre l'occhio nuota « nel– l'ebbrezza del suo>>. E si domanda se è reo riprovandone « beatitudine, resuscitando a se stesso, con tutta passione, quell'ardore di gioia>>. Li riconoscete ? Questi son sentimenti ricacciati che riaffioran nel sogno, desideri inconfessati cht'l si rivelano. e s'appagano nella libertà del subco– sciente e nell'estasi a.d occhi aperti. E, volete di più per proclamar vivo ed attuale, cittadino dei nostri tempi e precursore di essi, questo Werther che è, era e sarà non foss'altro per aver dato persona e voce, oome avviene forse in ogni secolo una volta, all'elementarità dell'amore e del _dolore, BibliotecaGino Bianco

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