Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930
610 L. Salvatorelli gressione, senza intendimenti offensivi verso di essa. Il che è poco più di un giuoco di parole, visto che tra una fortissima ca,pacità di difesa e una discr.eta potenzialità di offesa nessuno sarebbe in grado di segnare il punto discriminatorio. Discussione smorzata, sfuggevole dei problemi politici, moltepli– cità e rilievo degli elementi personali sono le due caratteristiche essen– ziali di queste Memor:ie. Ca,ratteristiche derivanti, crediamo, così dal– l'indole dell'autore, come da un finissimo procedimento autoapologetico, tanto più efficace quanto meno vistoso. Dove, però, il Biilow si tradisce è in quel suo ripetuto violento linguaggio contro i successori, innanzi tutV. contro Bethmann Hollweg. Alla fine di questo primo volume siamo ancora a più di dieci anni cli distanza dallo scoppio della guerra euro– pea. Eppure il Bulow anticiperà quindici ò venti volte, nel corso cli esso, il giudizio cli condanna recisa e totale sul governo tedesco del 1914 ger essere incappato nella guerra. ·Già fin da adesso egli ha fretta di stabilire, che lui, Bulow, non ci ha la menoma colpa, che tutto è deri– vato dall'essersi posto il suo successore a rimorchio della politica au– striaca, invece di dirigerla dall'alto, come lui, Bulow, aveva fatto nella crisi della Bosnia (ma non ci fu allora una certa intimazione tedesca alla Russia, che vien considerata da più d'uno come un precedente del 1914 ?). Non c'è che da dire, per ora: troppa fretta. Bulow ha proprio l'aria di mettere le mani avanti. Quando saremo al secondo volume, alla conclusione dell'Entente, alla crisi marocchina ed a quella bosniaca, sarà il caso di riparlarne. Fin qui, tuttavia, l'atteggiamento aggressivo cli Bulow si spiega, se– condo il principio, che la miglior difesa è l'attacco. Non vale più la spie- , gazione per le continue puntate contro gli uomini del dopoguerra, i reg– gitori della repubblica tedesca: particolarmente odioso lo sprezzo verso Ebert, il primo presidente del Reich, una delle figure più degne della Germania e dell'Europa contemporanea. Gli editori hanno inteso la scon– venienza e la ingiustizia di questi attacchi, e ci fanno sapere che nel seguito delle Memorie Bulqw cambia registro. Avrebbe fatto meglio ad evitare la necessità ùi palinodie. Comunque stia la spartizione di re– sponsabilità fra Bulow, Bethmann, il Kaiser e via, dicendo, quando si è stati uno dei dirigenti maggiori del periodo quasi immediatamente anteriore alla catastrofe, quando si è rimasti per dodici anni al servizio di un uomo quale ci è presentato qui il Kaiser, senza riuscire né ad emen– darlo, né a renderlo innocuo, si ha un solo diritto verso coloro che della catastrofe si trovarono a raccogliere l'eredità: quello cli una rispettosa simpatia e !li una larghissima indulgenza. È questione di tatto, cioè di moralità. Per il lettore non tecnico, il carattere personalistico e aneddotico delle Memorie bulowiane le renderà particolarmente piacevoli. Abbiamo detto che esse sono tutta una galleria di personaggi alti, altissimi e .so– vrani. Accanto a Guglielmo II, protagonista, e insieme vittima dello scrit– tore, compaiono la regina Vittoria, Edoardo VII, Francesco Giuseppe, Nicolò II, Vittorio Emanuele III, l'imperatrice Federico, la zarina Alessandra, il re Federico Augusto di Sassonia, il granduca Federico BibliotecaGino Bianco
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