Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930
604 U. Ojetti - Lettera al Signor E. J. 0' Brien, su noi e le macchi-ne rSistina passano i secoli come le nuvole sotto la volta del cielo, senza mutarne la bellezza e la maestà. Se nessuna macchina può ripetere questo prodigio, certo qualcuna può aiutarlo e agevolarlo. Anzi, lo aiuta. Perché, dopo i tanti mali da voi denunciati, e taluni certi e dolorosi, s'hanno pur da ricordare i tanti beneficii delle macchine. Qui basta segnarne uno : il risparmio del tempo. « Il tempo è il solo capitale che ogni uomo può dir di poS– sedere e che non si deve P.ermettere di disperdere >>. Sono parole del vostro Edison. Ebbene non sono macchine quelle che adesso, permet– tendomi d' attraversare il cielo d' Europa in poche ore, mi fanno il dono di giorni interi e quasi raddoppiano la durata della mia vita attiva ? C'è c_hifa di questo mezzo uno scopo, e della massima velocità il suo solo vanto ? La colpa è sua, non della macchina, visto che, non cl'una macchina che è un piccolo dono, ma della ·stessa vita che è un dono incomparabile, tanti stolti non -sanno fare che sperpero. Conclu– dereste per questo che la vita è un male ? Passata la novità ci guariremo anche dell'impazienza, e tra vent'anni i time-snobs come li chiamate in America, saranno curiosità antidiluviane quanto quelli che adésso vanno per scOmmessa a cavallo da Parigi a Berlino o da Vienna a Roma. •Sono ipotesi? V'è per for.tuna un fatto reale. Il vostro libro, a quel che leggo nella prefazione, è stato :finito nel marzo del 1929. Da allora tutte le leggi economiche si sono capovolte, e non soltanto the poor old Europe, ma anche la, stessa America sono state fermate in piena corsa. E poiché la corsa vostra era più veloce, a questo arresto di schianto voi barcollate peggio di· noi. 'froppo oro, poca :fiducia; troppe macchine, poco bisogno d'operai; troppe merci, pochi compratori; troppe ricchezze, in poche mani. Un banchiere ita– liano tornato questi giorni da Nuova York m'ha detto d'avervi incon– trato, caso nuovissimo, dei mendicanti, e d'avervi udito da colleghi suoi €numerare i pericoli della sopraproduzione. Dubbi e povertà: saranno di pochi, saranno anc6ra eccezioni. Ma vedete: la vostra civiltà che do– veva ormai adattarsi allé macchine, tutte certezza e ricchezza, in pochi mesi è invece tornata umana: dubita cioè e patisce. È probabile che i dubbi qu,esta volta durino poco, e la, corsa ricominci, un poco più lenta tanto da lasciar vedere, a chi corre, dove mette i piedi. Io non faccio il profeta, ma questo so che la vera e élurevole civiltà non è fatta soltanto di :fiducia e di vittorie, ma di patimenti, di titubanze e anche di sconfitte. E p,er civiltà intendo appunto quel tesoro d'esperienze di secoli e secoli che, come voi giustamente dite, ogni nostro emigrante porta alle vo– stre rive. Marzo 1929, ottobre 1930: pocO più d'un anno. Chi potrà, sarà bene che dei frutti di questa meccanica civiltà riparli tra cinquant'anni o fra un secolo. Troverà, ne sono certo, non l'Europa fatta americana; ma l'America, per-ché avrà imparato a penare, fatta europea. E libri attenti e cordiali come il vostro saranno un utile docu– mento, quanto le cronache che si scrivevano poco avanti il mille in attesa del ,:finimondo. Sinceramente vostro UGO 0JET.rl. BibliotecaGino Bianco
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