Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930
602 U. Ojetti a comprare altre macchine e questo ad adoperarle. Poco prima del libro vostro avevo letto quello di Duhamel. E stamane mentre mi accingevo a scrivervi ho trovato sul Corriere della Sera il pensiero di Luigi Pi– randello : « Se potessi, sopprimerei le macchine e tutti quelli che le hanno inventate. La macchina divora ogni cosa .... Tempo e spazio fini– ranno nel nulla .... >>.Ahimè, dove fuggire? E ormai come fuggire se non in treno, in automobile o in aeroplano, che .sono tre macchine ? « Poiché io sono un Americano, questa mia critica dell'America è anche una critica di me stesso>>. Così voi scrivete con opportuna umiltà nella prefa~ione. Io invece sono un Italiano, e contento d'esserlo: ap– partengo cioè a un popolo il quale, avendo vedute nei suoi due o tremila anni le più contradittorie vicende e ritrovandosi anc6ra, vivo e vitale, si crede, ch_ecché possa, capitargli, immortale. Questa persua– sione talvolta pericolosa è, nel caso -speciale, molto utile perché c'impe– disce di prestar fede agli annunci d'imminenti diluvi universali, subbissi e finimondi. Certo saranno flagelli e crolli, ma insomma se n'uscirà vivi, più o meno impoveriti, rintontiti o rinsaviti; e anche la povertà ha i suoi vantaggi, come in questa penisola e in queste isole nostre s'è veduto tante volte, e una bella mattina la ruota ricorninc-erà a girarf. dalla parte buona, e sul passato si scriverà una storia, un poema, un'epi– grafe: e chi sarà morto giacerà e i vivi si daranno pace, .e faranno figlioli, che è sempre il miglior modo di ricominciare. Questo, per dirvi che lo spavento m'è durato pochi minuti, e subito, contro le vostre serrate congetture, mi sono apparsi tan,ti argomenti che credo doveroso allinearne alcuni qui sotto, non per persuadere voi ma per consolare me.. Il primo argomento me lo indicate voi stesso quando dite: « L'ame– ricanizzazione è un violento processo educativo che tende a obliterare tutta la ricca eredità di memorie e di tradizioni che l'immigrante porta con !ilésulle nostre rive. Questa eredità è la saggezza della sua razza, ed è stata lentamente accumulata attraverso infiniti secoli di sviluppo e di mutazioni. È essa a fare di lui un uomo>>. D'accordo. Ma con que– ste parole proprio voi, Americano, provate lealmente a noi Europei che il nuovo pericolo, se per la vostra giovane civiltà può diventare mor– tale, per noi certo sarà passeggero ; e che, in ogni modo, per scongiurarlo ci basterà rispettare, amare e difendere quest'eredità di memorie e di tl'adizioni che fatalmente portiamo con noi: lieve peso e, si direbbe, divino, che, come i Penati ad Enea, non c'impedirà d'andar lontano. Tu, genitor, cape sacra manu patr-i-Qsquepenatis. Certo il contagio c',è, e vasto, se l'altro ieri sul Popolo d'Italia una donna d'alto ingegno, Margherita Sarfatti, nella sua instancabile e ansiosa passione pel nuovo, pel nuovo, pel nuovo, invidiava il Sudame– rica perché non era, come noi, « legato al cadavere d'un grande pas– sato>>. Diceva proprio: cadavere. Ma nell'impeto generoso non badava che le parole stesse della sua invettiva erano parte di quel presunto cadavere, visto che su mille vocaboli nostri novanta.nove sono vecchi di secoli e di millenni: cadavere compreso. - Proprio da questo stupore, anzi ammirazione, pel nuovo, qualunque esso sia purché sia o sembri nuovo, la religione delle macchine e il BibliotecaGino Bianco
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