Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930

598 F. Chiesa peggio. Claudia aveva saputo, d'opo qualche mese, che quella di– sperata Livia, venduta la casa in città, era partita per un paese di là dall'oceano; nessuna notizia più di lei. Che fare? Vivere, la– sciarsi vivere. Ulna mattillla, facendosi le trecce, s'era scoperti molti capelli biaID.chi ; e le pareva che amche gli altri rapidamente si oon– vertissero, e gliene veniva una specie di consolaziOIIle. Evitava più che mai di vedere gente: l'unica creatura umana che non le desse fastidio era quel vecchio ,Sordo. Anche e più evitava d:i ritrovarsi con se stessa, con quella Claudia pensaID.te,ricordamte che un tempo era sempre li, e si curvava anch'essa sulle aiuole per ripeterle nell'orec– chio i suoi crucci. Via, via. Verso la :fine dell'estate, le .sembrò per– fino d'averla sca;cciata affatto, o forse era morta: da qualche setti– mana non tornava più, e la poveretta si sentiva di poter filllalmente respirare. Poi un giorno (wncora in sul prilllcipio di settembre, bel tempo caldo ed arioso, mattini bagnati di splendide guazze) si •svegliò come da UJnsonno dell'anima, oon un pensiero di tenerezza e di gioia che l'occupava tutta: chiaro, imperioso, facile. - Fra una settimana, è la festa della Natività, la festa nostra. Si scrive a Jacppo: vieni con i tuoi :figli. E ci si siede ancora tutti insieme intorno alla vecchia tavola, oome Ulllavolta. E si ritorna felici. Così visse alcuni giorni che già quasi avevano il sapore della perfetta felicità. Diceva : - Ohe stupida a noo pensarci prima! - E sorrideva, e si sentiva ritomare tutta giovane e leggera ripetend!o a se stessa che quella disgraziata solitudine stava per finire, che fra quattro, tre, due giorni la morta casa si sarebbe spalamcata al sole. Adoperò i suoi magri risparmi a comperare cibi e vini, perché do– veva essere un gran pramzo, sooz'eeonomia, come ai tempi del babbo. Chiese al frutteto ed all'orto che, almeno ilil quell'occasione, faces– sero miracoli. Dalla mattina alla sera, su giù, a pulire, preparare, crnntarellare, gridar parole, con grande stupore di quel sordone che la guatava tra i lu!Ilghi peli delle sopracciglia. La vigilia, tutto era ormai pro!Ilto. Nelle prime ore pomeridiane, Claudia volle parare la sala come se il pranzo dovesse cominciare a momenti. Distese sulla mensa la più so!Iltuosa delle. sue tovaglie e vi dispose i bei pia tti :fiorati, le posate d'argento, i ricchi arredi de– gli a111tichi pram.zi di casa De Prato, rimasti chiusi per tamto tempo nel buio de gli arm adi. Sulla credenza, una schiera di bottiglie e piatti carichi di d'olci, di frutti. E fiori dappertutto. QUM1doebbe filllito, Claudia si sedette in un angolo a contemplare quel luccica– mento, a respirare quella ~ragranza di :fiori, di frutti, di tovaglia. E un pensiero veniva mescola!Ildosi alla sua mgenua contentezza, un pensie~o d'altra radice, non tutto bontà pura: io sono buona, molto buona .... Jacopo mi dirà: perdonami. ... Io gli risponderò: · nulla da- perdOIIlare; vogliamoci bene. BibliotecaGino Bianco

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