Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930

596 F. Chiesa ché verranno anche loro; 1110111 crede? Verrru111I10. Che ra,gi,0111e avreh– bero più di non ve111ire ?... Poi fa sempre piacere, a questo mondo, poter constatare che tutto, oome dice lei, s'è mess? a posto. No111 le pare? ... Che l'urt,one dato a,d uno, oh no111 per catt1ver1a, ma perché c'illlgombrava, il passo, nO!Ill'ha fatto poi ca,dere a fracassarsi le ossa in un precipizio .... Che ... . - CLaudia, perdi la testa .... - mormorò il prete guardandosi intorno come quando si teme che altri possa udire. - Ma che perder la, testa! Se anch'io dico, che tutto si sarebbe messo a,posto ÌIIl modo perfetto. Solo che .... Solo che, signor curato, non è possibile; non sono più libera. La mia soelta è già fatta. Sposo.... ' - Sposi.. .. - Sposo Paolo, il mio bravo Paolo. Si meraviglia? Vecchio, è vecchio anche lui. Vedovo, è ved-0vo anche lui, e .... E scoppiò in un'altra rìsafa folle. Ma p-0i, vedend,o la faccia del povero curato, udendo le parole ch'egli bro111tolava : --' vergogna.... vergogna.... sei domi111atadal dem-0111io ,dell',odio e della superbi.a ... , s'alzò, e gli ve111ne i111na-nzi mae– stosa e fiera, senza più ridere, senza più metter suono di sarcasmo nella dolorosa voce. - Mi s~usi, - diss e. - .So che lei vorrebbe il mio bene. M'aiuti, se pu?,, a dimentica.re. Perdo111aredipend~ da noi, ed io ho perdo- 111ato ; ma dimenticare è un dono di ,Dio. Preghi per me e mi com - patisca se non seguo il suo consiglio. La cosa che lei mi co111siglia, io non la disprezzo .. I~ una cosa che si fa. Cent'altre donne, 3Jilche meglio di me, accetterebbero. Io no, non posso. E volle acc-ompagnarlo fino alla porta di strada. - Signor cu– rato, - diss•e con una lenta. voce tranquilla, di quando parlava a quel sordone di Pa,olo, non che .pensasse d'essere intesa: - signor cu– rato, quest'altr'aJUno lei deve darmi qualche tubero delle sue dalie. Io le darò quei ranmcoli bianchi e rosa che presto cominci3Jilo a fi.orire. Venga un giorno a vedere. IX. Una settimana dopo i raJUu1ncolibianchi e rosa er3Jil tutti in fiore, e quel colore tooero d'alba festosamente s'intonava col set– tembre dolcissimo succeduto ad un tempestoso agosto. Ma il curato non venne a vedere quelle meraviglie; a,rrivò invece U111a lettera. Il primo impulso, appena Claudia ebbe riconosciuta sulla busta la scrittura di Jacopo, fu di lacerare e buttar. via. Poi aprì e lesse atterrita, una par-0la qui, Ulllariga lì : morto .... morto improvvisa– mente .... il marito di Livia .... uno scontro d'automobili .... speravo di vederti ai funerali.. .. la nostra povera Livia .... BibliotecaGino Bianco

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