Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

454 G. Stiiparich . Dopo che tutti s'eram. levati da tavola, umo dietro all'altro, _re– stavamo soli IIloidue. La o-ioia del suo viso, della sua bocca special– mente ché attorno ad es~ si manifestava1110più chiari i suoi senti– menti: quando s'accorgeva ch'io restavo! Gli 3:ltri nom.le b~d~vano. Neanch'io le badavo il primo tempo; ma p01 av evo com mciato• a sem.tir compassiom.e di quella bambim.-om.a che tornava tutti i gioI'lllÌ dalle Normali coi libri sotto il braccio, e che si metteva a quella tavola dì « grandi uomini>>,0ondeferenza religiosa e·ascoltava zitta, a capo chim.o,i loro discorsi infiammati. Lei aveva poco più di sedici anni e noi eravamo quasi tutti intorno ai venti: chi studem.te d'u111i– versità, chi scrittore di versi, chi giornalista e c hi filosofo . Noo c'era «autorità>> che nolil fosse da noi rovesciata. Si riformava il mondo. Quella tavolata, ool frastuono delle voci accese sopra lo stre– pito dei piatti e delle posate mem.atecon em.ergia, aveva l'aria d'una fucill1a di dèi, dove si rifabbricassero i mortali. La Tina si faceva piooola piccola, quanto più poteva, poveretta, con quel suo corpo grosso, e stava in 0ontinua apprensione à'esser scoperta e cacciata via come un'intrusa. Me lo confessò poi. Le prime volte che ri– ma,nemmo a tav,ola noi due soli, 1110111 ebbe neppur il coraggio d'al– zar gli occhi. In quel silenzio, tanto più gravid!o di minaccia dopo il tonar delle discussioni, ella temeva ch'io fossi rimasto per ful– minarla o per annientarla con chi sa quale sentenza di condanna. Qua111do invece m'udì rivolgerle con dolcezza la parola, le parve di risuscitare e mi fu legata subito da una cordiale gratitudill1e. A poco a poco diventammo amici. Lei mi chiedeva timidamente spiegaziooe di certe idee ch'era1110state discusse durante il pranzo. Finché parlava stava a capo basso. Sotto la testa rotonda coi capelli lisci, tirati a due bande da una lU111ga scriminaturll, e fermati con due chiocciole sopra gli orecchi, .si vedeva lo scorcio d'una faccia quasi matura. Ma poi, quandJ'ella la sollevava ad ascoltare la mia risposta, appar:iva, ill1corniciato dai capelli nerissimi, l'ovale d'un viso ingenuo e ap,pena formato. Non era soltanto per compassione ch'io m'ero risolto di restare più a lungo a tavolai con lei dopo che gli altri se n'erano aindati, ma per una curiosità cattiva e forse anche per il gu~to di scherzare. Ma quando ella mi si volgeva con quel suo viso Ìll1nocente, io noo sapevo non commuovermi e le ca,t– tive intenziooi m'abbandonavano. Avrei potuto dirle le cose più elevate in app,arenza, restando crudelmente scettico 111ell'am.imoma come parlavo e vedevo i suoi piccoli occhi bruni, tondi e stu'piti, fissi sud[ me e tutta la sull, faccia, specialmente espressiva intorno alla bocca, protesa alle mie parole, il mio soetticismo sfumava e le mie stesse parole, inizialmente leggere, acquistavano peso e se– rietà. Ella aveva il potere di far nascere in me la persuasione ed io stesso mi meravigliavo del calore coo cui m'esprimevo. A quel calore ella s'apriva e mi mostrava, ogni giorno più, un '- BibliotecaGino Bianco

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