Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
442 C. Tumiati • Dentro l'ispid'a barba ridente, un lettone, già suddito russo, vuol ,dare i,n iscorcio gli effetti dell'inibizione e della -politica mosco– vita. - Andavo a Mosca, - racconta, - a depositarvi forti somme -del mio Ufficio insieme ad un oompagno. La guardia, rossa del treno volle attaccar discorso con noi e .prese a dir male di tutte le autorità politiche. Si sfogava o voleva provocarci ? La lasciammo dire. A Mo– sca., non ci fu possibile trovare alloggio, ma il caso volle ch'io m'im– battessi nel capo stesso della 0eka che io conoscevo da, molti anni. Seppe del mio caso e della preoccupazione per il denaro che portavo eon me e m'offrì d'alloggiare nei locali stessi del suo terribile Ufficio. Al ritorng, in trooo, il mio compagno s'assenta per ragioni priva– tissime, ma ritorna dopo un poco ridendo come un pazzo. - Che è sucoesso? - gli chiedo. - Di là ... , - risponde soff'ocand'o dalle risa, - di là .... c'è .... la guardia rossa dell'altro giorno .... M'ha -chiesto dove abbiamo alloggiato a, Mosca .... Gliel'ho detto e .... - Ohe cosa è successo? - S'è fermata a metà .... non è più ca- paee .... - Effetti della 0eka. Ma tutte le teste si volgOllloa un tratto, come a un comando, -verso lo strano suono. che viene dalla villa. Ad uno ad uno gl'invi– tati si levano e s'accostano Ìlil silenzio alla soglia d'una grande sala, che dà sul giardino. Una donna vi è nel mezzo, alta sottile assorta e quasi intenta adl un rito. Le stie lunghe braccia nud_e, le mani bellissime arpeg– giano l'aria dinnanzi ad un piccolo scrigno sormontato da un'an– tenna. Se ella vi si accosta oon le mani tese, l'aria rimbomba di note basse ed informi, se ella fa il moto d'afferrar qualche suono, di plasmarlo oome un'invisibile creta, di percorrerlo come le oorde d'un'arpa, come i tasti d'un flauto, ecco il motivo tremare nel– l'aria, snodarsi, fremere oome da un antioo strumento, se ella ab– bassa le braccia lungo i fianchi e se ne discosta, ecco il suono afflo– :sciarsi oome una vela. Tutt~ so,n fermi, attoniti, presi in- quella magia. Poi, sed'ato i] tumulto di parole, voglion vedere sapere spiegare. Io no. Mi ·basta ,quel gesto di fiaba, .quel moto delle dita che sembrano rapire all'aria . ,gli accordi. Esco dalla sala e m'aggiro fra gli alberi e i chiari della luna. In llln angolo tranquillo è la figliola dell'ospite, sola sola, - tanto stanca di macchine nuove, ~ e quasi irritata. -Mi vede e vuol sapere di dove vengo. Ode il nome d'Italia e s'illumina ode ' ,quello di Venezia e se ne incanta. Poi, presa da una subita angustia, mi chiede, quasi severa: - Ma è pr-0prio vero che avete messo il motore alle g<mdole ? - No, n-o, ca,ra, picoola miss, no. BibliotecaGino Bianco
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