Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

Vetrine d'un mondo .nuovo 437 cando di ridere della novità, ma la faccenda si fa subito seria. Nes– suna lista di vivamde da percorrere cOIIlun'occhiata, ma un semi– cerchio di vetrine dove cibi ignoti ed insidiosi s'allineano col prezZio infilato nel mezzo. Premuto da oonto altri vassoi che mi .si cacciamo fra le costole, mi strisciamo lungo i :fianchi, sopravanzano la mia testa, tento di sedurre il mio stomaoo con una passeggiata informa– tiva lungo quell'emiciclo gastronpmico, finché il morso della fame mi fa appuntare UIIl dito disperato in direzione d'una qualche verde a!]lalgama indefinibile. Dietro la vetrina, una donna spietata-mi porge il piatto e si prende il denaro. · Guardo quella sconosciuta pietanza sperduta nel vassoio e penso quante altre cose mi ci voglfono ancora. Ricomincio il pellegrinaggio e v'ammucchio rassegnato quel che trovo di più comprensibile : una foglia d'insalata cosparsa d'un'equivoca salsa, un dolce, UIIl biochier d'acqua. Getto due monete in umL pertugio e il pane mi sbuca d'al muro come nelle tavole votive. A passettini guardinghi prendo di mira l'angolo d'un tav,olino, ma i piatti sciv,olano di qua e di là sul vassoio e il peso strapiomba minacciamdo una catastrofe. Arrivato, se dio vuole, al tavolino, siedo, sospirando. Ma subito m'avvedo che mancamo le-posate. Con un occhio al vassoio abbamd:onato ed uno in giro vado a cercarle brontolando contro me stesso in una. cupa rivolta di servo-padrone. Armato di coltello e forchetta ritorno al mio posto insinuandomi fra cinque commensali che non mi degnano d'uno sguardo e che ad Qgni tre bocconi sollevano il polso per con– tarvi i minuti fuggiti. Preso dal contagio di quella fretta, tram– gugio quel cattivo mangiare come U1I1 condannato, l'annaffio d'acqua gelata ed esco bestemmiando contro la civiltà meccanica e proibi– zionista. Nell'esasperata fantasia si disegnano di là dal grigio Atlantico pamorami di éhiare tovaglie, di tavole alle quali non s'invecchia, di bottiglie eburnee, di :fiaschi capaci, di lieti commensali, di paesi, in– somma, nei quali il desinare non è una spregev,ole funzione :fisio– logica, ma 1;1ngiusto piacere e un savio pretesto per vivere un'ora di pace. / SUBWAY. « To'ut e,st ténèbres J oppression souterrwine, apreté J (1/l)aricesor– dide et ord1urière) atmosphèr(j d,e cachot, de bagne et de sepulore )). Questo aspetto, - non l'altro, eroico, che il poeta vede al sommo del formicaio, - s'impone al pensiero di chi penetra nelle ore d!i maggior traffico, in questa ferrovia ,s0tterranea. Dalla luce della Grande Stazione dove la civiltà moderna s'esprime oon una gran– dezza tutta r,omana, discendo ogni volta in questa bolgia con indi– cibile pena. Tamto disumama.ti m'appaiono i miei simili che corrono Biblio eca. Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy