Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

A che serviva la nave di Nemi? 4-27 arte il suo dolore alla morte della moglie, che il cogmato Annio Bra– dua gli rimproverò aspramente, accus3.llldolo anzi di averla uccisa. Tornando a Caligola, è chiaro dunque che egli fece, né più né meno, quello che fanno oggi tante società di -nuoto e di C3Jllottaggio, ~mi fiumi e sui laghi, dove noo è spazio sufficiente per un-o sta!Jili– mento, oppure dove si vuole una profondità maggiore per fare tuffi e giU<Jchi.Solamente, egli fece ciò co111 regale magnificenza, come poteva permettersi in quei tempi il signore del mond:o. E veniamo all'ultima questione: come affo111darono le 111avi?Si è detto che, subito dopo la morte di Caligola, in odio al loro artefice, le navi vennero spogliate dei materiali preziosi che contenevano e poi sdegnosamente àìffondate. Tutto ciò è fantasia : mai i Rom3.llli distrussero i monumenti di un imperatore, a:nche se la memoria di lui venne condannata. La d'istruzione della dorrvus awrea noo si deve ascrivere ad ,odio verso il suo costruttore, ma piuttosto alla neces– sità di dare una soddisfazione al popolo romano, che, coo la ere– ziooe di quella mastodontica casa, vedeva menomati i suoi diritti e compromesso 1o sviluppo della città. ,Ma il col,osso bronzeo, che Ne– rone aveva i111.Ìl:alzato nel centro dell'atrio della sua domus, non fu abbattuto e solo alla testa del despota fu sostituita quella del Sole; così no111 furono abbattute le terme che egli eresse nel Campo Marzio presso il Pantheon, né l'acquedotto della Claudia che egli assU111se in eredità dal padre e condusse abilmente a termi111e;così non fu– rono demoliti i grandiosi edifici ooneepiti da Domiziano per abbel– lire il Palatino, il Cll,mpo Marzio e le pendi-ci del Quirinale, i quali furono amzi ultimati da Nerva e da Traiano. Noo vi era quindi alcun motivo per depredare e affondare. proprio i due bagni galleggianti della villa dell'inetto figlio di Germanico, tanto più che la villa stessa seguitò ad essere frequentata, come l'al– tra di Velletri, e come le ville di Nerone ad Anzio e a Baia, e come le quattro famose di Domiziano, ad Albano, al Circeo, a Terracina e a Gaeta. · I Romani in genere, e gli imperatori ÌIIl specie, eraIDoin fatto di · ville molto volubili. Dopo che Tiberio, non pago della villa di Tu– scolo, aveva trasformato ÌIIl un luogo di piaceri e di incanti l'isola di Capri, e Nerooe aveva con gram lusso sistemato le ridooti spiagge di Anzio e di Baia e fondata una nuova villa nel Tusculano, viene Domiziano che, tagliando le colline e sostruendole con alti mura– glioni, occupa tutto il bacino del lago Albano, e si spinge :funonella solitaria e malsana plaga delle paludi Pontine, ove imponenti rovine attestamo d'ella sua volu ttà cos truttrice. Traia1I10aveva, per opera di costoro e in seguito a tam.te eredità e lasciti e confische, ville in ogni contrada, d'Italia; ep pure ne volle costruire una 111uovasui piani di Arci1I1azzo,a. 900 metri sul livello del mare. Morto lui, con criterio del tutto opposto, Adriamo sfogò la sua grecizzante mania BibliotecaGino Bianco

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