Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

I A che serviva la nave di N erni ? 421 gno di costruire UIIl tale colosso, runzi due, per andare a -diporto sul lago ? Quale soopo potevano avere i proprietari e i loro amici ad · attraversare, a passo, si direbbe, di lumaca, il modesto specchio di Dia.in.a,incantevole per le folte e verdi boscaglie che rivestono alcune plaghe del cratere, Ì1Il oontrasto coi salti rocciosi delle arse pentirne, specchiruntisi nel tranquillo baciITTo, romootico sacrario della bella dea cacciatrice? Forse quello di recarsi p1;r via d;aequa dal piccolo porto al saintuario della dea, situato sulla spolllda meridionale ? No certo, perché sotto il tempio non v'era un possibile approdo, spe– cialmente per uina nave di tainto tonnellaggio. Nolil v'era neppure una strada dalla sponda al saintuario, mentre l'aocesso avveniva proseguendo la via selciata che scende alla moderna Casetta dei pescatori, costeggiando per qualche tratto la sponda orientale, quiITTdi risalendo leggermente il piarrioro, oggi detto il « Giardino )), in mezzo al quale sorgeva il tempio, o, per meglio dire~l'edicola con l'altare della splendente sorella del Sole, contornata dal sacro themmios: non v'era bisogno di muovere una tale massa per com– piere poche centÌIIlaia di_ metri di percorso, complicando, anziché facilitando, il viaggio, con inutili trasbordi e con uno pseudomistico pellegrinaggio. Probabilmente, se la 111ave avesse navigato, sarebbe affondata im altro luogo, mentre essa giaoe anc6ra là dové era tenacemente fis– sata, accanto ai resti del suo pontile, adorno con le mirabili protomi b11onzeeche destalllo tanto commossa ammirazione, proprio alla te– stata dell'imbarcadero dove terminava la strada selciata. Non è audace dire che la straida fu fatta appositamente per la nave, anzi per 1~ due navi, collocate a poca distanza l'una dall'altra, e con– cepite da una stessa :r;nente,geniale o pazzesca che si voglia, maestri ed esecutori gli architetti 111avalidella flotta del Capo Miseno, la quale aveva un distaccamento a Roma. Fu costui Caligola ? Il suo nome è chiaramente inciso sui tubi di piombo rÌIIlvenuti già da tempo fra i rottami. Veramente, questo sigillo servirebbe soltalllto a dimostrare che i tubi furono eseguiti IIlelle -O•fficine di pr,oprietà di quell'imperatore; ma, quale privato poteva oompiere uITT'operasiffatta, in una regione che in quell'epoca doveva già appartooere interamente al fisco imperiale come il pros– simo lago di :A.lbarrio 1 ), situata fra un sarntuario celebre e una villa di proprietà della Corona, villa di cui esist01110notevoli avanzi nel paroo Sforza Cesarini sotto Genzano ? Ammettiamo qu:iJildicome certo per suo proprietario Caligola: l'imperatore che divisò di far nominare senatore il suo cavallo In– citato, che amoreggiò con le sorelle, che fece uccidere la nonna A111- tonia, il suocero Silano, il cugino Gemello, e vari personaggi della I) Ofr. Digest. 30, 39, 8-1,0 (ULPIANO). Bibli'otecaGino Bianco

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