Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
414 G. Comisso che pareva volesse schiacciargli il capo co:ntro il muro. Il povero uomo trovò la forza di asciugarsi i sud,ori della fronte e poi disse : _ Ma simnori miei mi scusino, gente cattiva deve aver loro ' b ' h'" bb" t sparlato di me, non credano. Lor•o ~ensano ?. 10 a, ia un segre ~•. ma niente affatto, vengamo se vogliono, eh 10 faro loro vedere 11 mio laboratorio. - E cercata la chiave, s'alzò per aprire una porta. Approfittando del momento 1n cui ci voltava la gobba, il mio amico afferrò u:na bottiglia e presomi per un braccio, se:nza che l'altro se n'accorgesse, scattò fuori di corsa. Filammo via rapidi su per l'erta, che conduceva ad un bosco di querce, corremmo con ansia e per un ·1ungo pezzo, senza volgerci indietro; più volte deviammo per viottoli secondari, finché non ci trovammo in un luogo completamente ce– lato dagli alberi. Qui ci sedemmo, e ridem.d'oallegramente ci passammo a vicenda la bottiglia. In fine accortici che tutt,o attorno vi erano piantine di violette acute di profumo e che tra i rami gli uccelletti comim.cia– vano a ca!Iltare, ci distendemmo sull'erba con tutto il corpo, beati di godere il libero respiro della 1I1atura. Riprendemmo il cammino ool desiderio di attraversare il bosco incantevole. Di lì passammo a certe meravigliose telllute, dove ulll semplice viottolo segnava la sola opera dell'uomo. Tutto il resto gia-ceva immutato forse da sec,oli. Fu qui che il mio amico mi si rivolse a dire con una tristezza generosa : - Ecco, questi sono di quei boschi che talvolta il padrone, dopo aver perduta mezza sua sostanza al giuoco, ordina al suo fattore di far tagliare; e allora i contadini si mettono a piangere lllel vedere i begli alberi èrollare sotto ai colpi della scure. - Noi ci trovavamo im.quella parte della Toscana che sta tra il Casentino e il Mugello. Per certi varchi aperti tra gli alberi si scorgevano prospettive di mblllti d'un'ar– monia tale che i nostri occhi resta.vano a lungo ad osservare. Non doveva essere frequente il passaggio dell'uomo per quei luoghi, giacché gli uccelli sostavano sui rami a 1rnardarci ed. u:no nero (.J , ' ' entrato w un cespuglio, passò su d'una quercia e, trillate alcune battute, solo al gesto del mio arnie.o che me l'indicava si spauri e svolazzò altrove. Ancora mi chiesi se quella poteva essere la prima,· vera o se qualcosa d'infinita.mente più dolce no:n fosse più irunanzi ad attenderci. Il viottolo sbucò vilmente in u!Ila strada ma lllOila fuggimmo per inerpicarci su d'una costa spoglia e soffi.~edove più avanti si vedevano alcune d01I1neche tagliavano le ginestre. ~ui, il panorama, era vasto. Monti vicini cosi larghi, brulli, e arsi dalla luce ai margillli, si confondevano col cie1o. In basso tutto era definito chiaramente : Ulna vallata in tutta la sua lunghezza, calda e gonfia sulle spOIIldearate. Lontano alcU1I1e lllubi leggere rac– c~lte su dal piano avanzavamo sospinte dal vento. Le do:nne, bru– ciate dal sole e dalla fatica, calzavamo scarpe_ da uomo come se te- BibliotecaGino Bianco
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