Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

Viaggio in Toscana 413 l'uomo dei liquori. - Volemmo avere s•piegazioni su quest'ultimo. __:C'è la fabbrica dei liquori costassù: liquori òi gemma di ginepro e di gemma d'abete; io per l'appunto vado a cerca di bacche. - Sullo spiazzo, davanti all'Abbazia,, c'era un uomo piccolo e gobbo che ci guardava senza muoversi. Era l'uomo dei liquori. Aveva UITT.a grossa testa scaltra e golosa che ci tenne affascinati nell'osser– varla. Sembrava vergognarsi di mostrare le mani, che immagiinammo corrose da qualché male orribile; le teneva sempre nascoste nelle tasche o dietro la schiena, sotto la gobba. Parve insospettito per averci visto parlare col ragazzo. Gli chiedemmo di visitare il suo laboratorio, e alzò le gr-0sse sopraéciglia per lo stupore. Come per ,mutare discorso, ma più per inda,gare sulle nostre intenzioni, ci chiese perché s'andasse senza cappello; il mio amico insisteva di voler vedere i filtri e i lambicchi, e guardatolo fisso negli oochi mo– strò per un attimo, netto, il desiderio di prenderlo per il oollo, ma invece gli disse: - Fateci assaggiare i vostri prodotti, e se sa– raThilo meritev,oli faremo del nostro meglio per contrattare con· voi l'acquisto della vostra formula segreta, che inon è stata assoluta– inoote inventata da voi, ma rubata da voi in punto di morte ad un povero contadino del paese, quando voi faoevate il prete. Sì, sì, sap– piamo la vostra vita. Poi i liquori vi hamno dato gloria e fortuna, e allora av,ete gettato la tonaca alle ortiche per meglio mostrare le vostre rotondità. - Il Ìnio amico parlava, imitando la voce dell'in– dovino, ma sempre feroce nel volto sbalordiva il povero gobbo iL quale si rivolgeva a me con lo sguardo come per trovare soccorso : - Loro sono stati male informati, ma io posso far lor:o assaggiare ogni sorta, de' miei liquori. Formule non ce ne stanno; il mio è un segreto da ridere, t11tti i conventi qui d'intorno producono gli stessi liquori. - :Mivedeva sorridere e si faceva animo. Entrammo in una stanzetta chiara tutta illuminata in giro, ac– ca111to al soffitto, da una fascia di bottiglie piene d'un liquore ora giallo, -0ra indaco, che· il sole faceva sfavillare di riverberi. Os~ervai che la sua sedia era opportunamente senza spalliera, e distava dal muro in modo che vi fosse spazio per la gobba; contuttociò il bianoo della "parete riesci va seginato d'un'ombra d'unto. Su tavole e su scansie erano altre bottiglie di forme grandi e piocolissime. Co– minciammo ad assaggiare le -diverse qualità di liquori, vuotammo l'uno dietro l'altro, io non ricordo, circa dieci bicchierini. Il gobbo ci guardava attraverso gli occhiali che s'era messi sul naso per po– ter mescere bene. Ad un certo momento un furore pazzesco invase il mi-o amico che alzato tutto il capo su dall'ultimo bicchierino, gli si diede a gridare : - La smetta di spiarmi, che io non sono affatto una bestia rara. Lei crede che noi siamo venuti qui per carpirle il segreto della. bella porcheria che lei produce? Lei s'inganna, si– gnore, ma più ancora mi ,offende. - E s'era alzato c,on tale slancio ibliòtecaGino Bianco

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