Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
412 G. Comisso oome ad una grande dama. - Eccolo qui, lo spaventasp-0se, il de-– monio dell'imbrunire, con questi occhiacci furbeschi lontano dieci mio·lia - Già già - egli diceva - in questo paese non devono e, • ' 1 ' I aver visto mai UIIluomo con la barba, e sì che è una cosa tanto de- corativa, noill le pare ? che solo a sfiorarla con l'oochio, IIlon ?-ico con la mano, soddisfa di piacere. Provi a sentire quanto è morbida: pensi che la lavo ,ogni giorno COilla chiara d'uovo. - La vecchina gli fece capire che rnolila,mava molto le chiacchiere in quel momento, perché doveva preparare la cena : e cosi ci mettemmo a OO1I1versare con il :figlio, che faceva il legnaiolo. Fu tale lo spirito COIIl cui a tavola la nostra ospite seppe oonversar,e, e così fine il suo argo– me.ntare su ogni cosa, e cosi garbato l'esporre, che prima d'addor– mentarci ci scambiammo l'opinione ch'ella fosse la figlia 1I1aturale di qualche nobile signore della città, messa da piccina a balia ilil quel paese p:resso qualche contadirna e· poi rimasta lì a vivere i suoi amrni.Aveva le tempie così alte e così :fiere, e il labbro cosi sottile e ancora segnato con forza, che per nulla tradivano uill'origine meno che distinta. Dormimmo profolildamente e al risveglio ci trovammo meravi– gliati d'essere iill quella stanza. Ero amsioso di vedere quale luce avesse il primo giorno di primavera, ma dischiuse le imposte, mi si presentò una vallata tutta coperta di :fitta nebbia, e il cielo velato non lasciava vedere dove tenesse illascosto il sole. - Ahi, ahi! Il sole è ammalato, - disse il mio amico alzandosi dal letto: - Cosa facciamo?- Si continua a camminare :firnchéabbiamo d'ooari. - Ma tu avresti intenziolile di pagare il conto? - Il mio amico aveva :finito di vestirsi e in punta di piedi era andato a spiare da uin'altra fiillestra. Mi chiamò con la man-0. Di lì, reggoodosi ad un filo di ferro che teneva su una vite, .si poteva passare sul dorso d'un muretto e da questo saltare sulla strada. Il passaggio noillfu difficile, i padroni dormivamo anc6ra : e lieti di illonaver sborsato denari prendemmo un sootiero che conduceva sulla montagna. Si cammirnava senza parlare; il sentiero era sassoso e qua e là ai lati v'erano grossi tr01I1chidi castagni abbattuti da tempo, e ce– spugli che avevano anc6ra conservate le foglie dell'autunno. L'aria era.fresca e cammiillavamo COIIl forza. Giu1I1ti a mezza costa vedemmo bhmcheggiare, intam.ato in una irnsenatura del mOillte, un grande caseggiato che doveva essere un convento. C'era una ·piccola chiesa, e urnfumo azzurr,ò soe.ndeva giù dal comignolo d'una casetta vicina. Più avanti, incontrammo un ragazzo contadino, diritto il capo su dalle spalle graziose, negli occhi e nella bocca sembrava accumu– lasse ad og 1 ni passo l'ebbrezza del contatto con l'aria. Il mio amico si ferro? !n mezzo al se~tiero per sbarrargli il passo; quello ci guar– dava d1smvolto e sorr1deva. Gli chiese chi abitasse m quel caseg– giato; con vooe chi.ara ci ~ispose: - C'è il prete dell'Abbazia e Bi.bliotecaGino Bianco
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