Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
402 F. Del Secolo Fra ali articoli d'ati negli ultimi anni ai giornali, ce 1I1'era1110 alcuni, vera~ente ricchi di interpretazioni, che, pure inspirati dalla vi– cenda del momento, assumevano ulll valore duraturo. Lo esortai a raccoglierli. Personalmente, i111 urna dimora di parecchi giorni al Cardello, curai la scelta e fissai il loro ordinamento. Il volume era pronto col .suo titolo originale: F'uochi di bivacco. E l'editore? Ecco un motivo di 1I1uovedelusioni ed affanni. Ricevo tardi il tuo bell'articolo contro Edmondo [De Amicis autore dell'«ldiama gentile»]: hai sfondato una porta aperta: ma l'opera è buona. A Torino mi hanno ricusato Fuochi di bivacco: ovunque hanno ricusato La lotta pol-itica: a chi dare l'uno e l'altro ? So che non rispon– dera~ nemmeno: auguro che torni quassù per qualche giorno. Sto peggio: non faccio più nulla. Per tutto l'an!llo la rieierca dell'editore riuscì vana. Lo studio che Croce aveva promesso, il saggio che avrebbe potuto suscitare l'interesse intorno at pensatore più forte e più negletto di quegli anni, no!ll appariva. Era passata anche la primavera, norn priva di speranze, e poi l'estate ardente, e l'autunno languido: tornava sul– l'eremo del Cardello, insieme con le ombre i!llvernali, l'amara me– stizia delle giornate fredde e scarse di luce e di gioia. Oriani si doleva, nel dicembre, con più crudele aJngosda : inutile ,ogni parola di confo,rto. Grazie. Lotta politica sempre nel pozzo, ]l'uochi di bivacco sempre mvenduti. Ho scritto una nuova Fedra in Dina: il tuo giornale ripete dagli altri il solito annunzio: per un mio pa,ri è quasi troppo. Non ti scusare mai più con me : tu sei un ingegno, ti voglio bene : alla tristezza solitaria, amara, sono abituato: non chiedo, non aspetto nemmeno più. E il tuo illustre Croce che fa ? Scrivimi se puoi. A riparare e correggere l'arnrrnnzio, di cui si lamentava, gli chiesi la trama della !lluova tragedia, per poterne far cenno con ampiezza. Si affrettò a comunicarmela. La mia Dina all'ingrosso? Ecco. Ho tentato di rifare nell'ambiente moderno l'antica Fedra di Euripide, la tragedia piuttosto ripetuta che rifatta da Racine. Dina è una maestra, abbandonata bambina dalla madre, che fuggì coll'amante e dovette poi suicidarsi! Allevata da una zia, sposa con un vecchio signore, commerciante ritirato, ricco. È un cattolico austero, ed ha un figliuolo. Dina in casa si fa amare da tutti la riordina, e s'innamora del figlio : questi ha per lei una simpati~ istintiva alla quale resiste osteggiando la matrigna. Dina è allevata mo– dernamente: ha ingegno, non crede a nulla è una appassionata. Non ti racconto tutti i qua'ttro atti. Il figlio fini~ce per rivelare anch'egli il proprio amore, e vuole fuggire di casa; Dina non vuole, minaccia di ri– velare essa stessa tutto al padre, e lo fa. Il figlio fugge. BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy