Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

504 R. MARTINELLI, Sud incontrato, le guide, gli interpreti, i mendicanti, i servi, i ~cc_iatori 1 - le monache, i ras ... ; questo libro di paese, in rea.ltà è popolatissimo eh uomini. Se uomini non ne trova, Martinelli sa farsi compagnia anche con le bestie, magari con le piante. A Cheren s'imbatte nei « p:rimi cam– melli in pantofole che piluccano distratti le cime tenerelle », in « qual– che rarissima avanguardia di palma, la giraffa dalla vita vegetale», e vede « in gruppetti di cinque o di sei certi grossi uccelli bianchi e neri, con un gran becco vinoso che fan pensare a conciliaboli di vecchi profes– sori deplorevolmente ubriachi; tra le belve qualche povera lepre molto toscana e qualche scoiattolo così scemo da venire a .finire sotto le ruote dell'automobile». Più avanti, s'imbatte in « due magnifici esemplari di . lince con quegli orecchi a punta dove pa,re che in cima ci voglia assolu– tamente un bubbolo. C'è persino un pezzetto di filo per legarcelo». Questo è il tono di Martinelli dinanzi all'esotico; familiare più che può, convincente, a costo magari di sembrar riduttore. Il cacciatore Ghi– scia ha ammazzato quattordici leoni. Vi pare poco ? « Quattordici leoni . abbattuti sono molti: provatevi a contarli sulle dita e 'per ogni dito pen– sate a un leone». Naturalmente lo stile di Martinelli si appiglia anche ai suoi interlocutori. Chiede una volta lui al giornalista americano Mi– ster Norden: - Qual'è stata la più profonda emozione provata nel eorso dei vostri viaggi ? - E quello : - Quando in un'isola della Sonda, dove ero ospite di una tribù di selvaggi, vidi preparare un girarrosto che pareva proprio fatto per la mia misura. Ma sono calunnie di pupazzet– tatori. Non è vero che, nella Sonda, i bianchi li arrosti_scono. Li lessano. Aforismi, definizioni, detti memorabili ce n'è in ogni capitolo: « i popoli nomadi non dormono mai; si contentano di non essere mai bene svegli>>; « l'indigeno affricano, nel far di conto, se. la cava ab– bastanza bene. fino a quando può utilizzare le dita di una mano e quelle dei piedi; ma più in là son guai». In più d'un capitolo (quello della caccia al leone, quello dell'incontro con Mister Norden), a una battuta, · a un motto, può succedere di dover interrompere la lettura con una franca risata. Non che Martinelli sia tutto in questo umore. Anzi. In– gegno di natura sua caustico, aforistico, quando Martinelli si com- · muove, la commozione sua vi sembrerà tanto più necessaria, vera; cosi quando parla dei tacruri, i pezzenti di Allah, avviati alla Mecca; e dell'amore, delle donne, e della sorte dei mulatti in Eritrea. Pagine che le vedremo presto nelle antologie per le scuole. Perché non so se l'ho detto, ma spero di averlo fatto capire : Martinelli è scrittore rapido vero e, come ci vuole per ·i ragazzi, è. scrittore sano. I suoi articoli (eh~ qui sono capitoli) restano più spesso brevi; e anche di questo Iddio gli terrà conto. · Difetti ? Certamente ci sono ; e direi che a Martinelli gli vengono dalle sue stesse qualità. Talora il brio è troppo, e troppo rapido il suo trascorrere sulle persone e sugli argomenti. Uomini e paesi restano allora sulla pagina con una dimensione sola. E troppa è l'autoironia il persifiage. Ins9mma, lo stile di redazione fa capolino anche in que~to libro e non sempre gli giova. . Ma per tornare al principio : a quale giornalismo appartiene il re– portage affricano di Martinelli. Mi pare chiaro : a nessuno dei « grandi » BibliotecaGino Bianco

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