Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
502 R. MARTINELLI, Sitd Le cose e i fatti che Martinelli narra, io non posso qui né riassu– merli né ripeterli; li vedranno i lettori da sé. I lettori di Ma_rtinelli che sono già molti, saranno moltissimi domani. Ma sul suo sentu~ent~, sul suo modo di osservare e di dire, e insomma sulla sua arte di scrittore giornalista, qualche osservazion~ va f~tta. E to~ner~ tutta a s~o ~nore: Che cosa si chiede a un giornalista che v1.agg1a ? ( e oggi, s1 puo 'dire viaggiano tutti). Le doti, le qualità che gli si domandano saranno cento · ma una sopra tutte : che tra lo scrittore e il paese che lui viaggia, e le c~se che lui osserva e che dice, si mantenga sempre una bilancia, una proporzione, per cui né lo scrittore né _lecose prevalgano mai tanto che l'uno schiacci l'altro. Vi sembra facile, l'ovo di Colombo ? Eppure .... Qualche anno, e diciamo trent'anni fa, prevalevano le cose: il po– sitivismo (almeno nei giornali) era in auge: quello che importava, erano i dati, i fatti, le statistiche, o, come si diceva allora, « la realtà». Il buon giornalista doveva sapere piuttosto di economia che di lettere; l'ottimo poi era quello che riusciva, a scovare e a raccontare più dati, più fatti, più cose degli altri. Non che la letteratura, il «colore» fos– sero prop;rio banò.iti dai giornali; ma vi avevano una sede propria e minore; come chi in un· orto utilitario ci pianti anche un roseto, per il gusto delle farfalle. Poi le cose cambiarono. Fosse che il conto di tutti quei dati, di tutti quei fatti, di tutte quelle «cose vere », non sempre tornava e le previsioni dei sociologhi e dei positivisti non resultavano al fatto molto più giuste del Sesto Caio Baccelli; o fosse soltanto per sazietà del vecchio, e desi- · derio del nuovo; o fosse per un fenomeno di endosmosi, per cui le cose vicine finiscono per scambiarsi tra loro o confonò.ersi; fatto sta che un bel giorno si videro la documentazione, l'economia, la scienza far tut– t'uno con la letteratura e il colore mescolarsi con la statistica. Fu appunto sotto i segni di questa congiunzione che nacque Barzini. Credo che il nome di Barzini sia da scriverlo in tutte lettere, anche se pef l'appunto l'Enciclopedia Italiana, tra la voce di Barzila.i e quella di Bar– zizza se ne sia dimenticata. Se è vero che non si può fare una storiai della nuova letteratura e della recente vita italiana senza tener conto di giornali e di giornalisti, è verissimo che Barzini s'è assicurato un posto fii lusso. Qualche letterato puro storce la bocca ? Lasciatelo fare: tra le molte migliaia di pagine che Barzini scrisse, chi saprà scegliere, potrà sempre metterne insieme più d'un volume che durerà. Dopo Barzini, i diritti del colore e della letteratura, nel giorna– lismo viaggiante, aumentarono. Oggj sono prepotenti. La situazione di prima s'è rovesciata: lo scrittore oggi è tutto e le cose sono nulla. Le impressioni valgono più della logica, le immagini tengono vece dei ragio– namenti. Se gli piace, un giornalista può andare al polo, all'equatore o sulla luna soltanto per raccontarvi le reazioni della sua epidermide o del suo animo a quelle latitudini. Tutto è fatto personale. C'è chi ne usa e chi ne abusa. Chi sa scegliere la sua impressione e trattare il suo fatto personale come aspetti di una realtà maggiore, come sintomi o anticipi di una reazione, di una critica intravista. Ma spesso, e vorrei dire sem– pre più spesso, il fatto personale resta fine a sé. Un giorno dopo l'altro, per due colonne, per cinque colonne, per intere pagine, lo scrittore viag- BibliotecaGino Bianco
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