Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

L. RÈP ACI, La car_neinquieta 499 LEJONIDA RÈPACI, La carne inquieta. - Ceschina, Milano, 1930. L. 16. , Rèpaci ha scritto un bel romanzo. Ancora un po' frondoso esube– rante, eccessivo, - si dice naturalmente dal lato stilistico - il s~o tem– peramento !li narratore ha però una solidità e un getto ndn comuni. Non !rovi in lui _finez~ee raffinat~~ze psicologiche, pagine lucenti, calligrafie : 11fondo dei suoi personaggi e sommosso, direi terremotato tra squarci di luci e d'ombre. In possesso d'un dato psicologico, egli ;on vi lavora per raffinarlo, _snellirlo, darne l'arabesco essenziale, in un linguaggio d'estrema -sobrietà e. contenutezza: non è egli scrittore d'alto gusto in– tellettuale. In compen!lo, e felice compenso, c'è in lui una compattezza, seppure un po' tozza e greve, e una pienezza densa di succo : insomma, una fervida fantasia. Il suo primo romanzo, L'ultirno Cireneo, anche attraverso pagine torbide, dove i sentimenti sfociavano spesso in un tumultuoso fervore rettorico e quasi mai riuscivano a fissarsi in un~ luce ferma, testimo– niava già in molti punti di quella compattezza ~ solidità, specialmente nelle figure del protagonista e della moglie. Ma al suo attivo si poteva ascrivere già l'audacia d'aver assunto una materia narrativa d'un'at– tualità davvero più che palpitante: certi s~ntimentt del dopoguerra, quando la crisi di quest'epoca torbida era al suo acme. Dunque, in Rèpaci questa partecipazione morale alla vita del suo tempo esiste, e nop. sotto forma ideologica. Basta ricordare le pagine in cui il protagonista del suo primo r-0manzo, tornato· stroncato dalla guerra, sente cambiare la vita attorno a sé, e con essa i pensieri e i sen– timenti di sua mogiie; in _quellepagine si vede che l'interesse dello scrit– tore va diritto alla vita interiore d(li suoi personaggi, cogliendone quasi d'istinto il processo, lo sviluppo. Qualità prinoeps del narratore. Da quello a questo nuovo romanzo, il Rèpaci ha messo una serie di lunghi racconti, raccolti in due volumi, All'insegna del gabbarnondo e Caodiadiavoli : i migliori sono senza dubbio quelli in cui lo scrittore non si lascia andare a giochi d'ironie,_o a svolgere situazioni umoristiche. Non clè sufficiente distacco tra la sua materia e lui perché il gioco gli riesca e la situazione si svolga in modo legittimo. Egli deve credere a ciò che immagina, parteciparvi seriamente, perché la materia gli si scaldi, e assuma movenze di vita; 'È ciò che avviene costantemente in questa Carne inquieta. ,Be ab– biamo visto bene, la morale del romanzo vuol esser questa : la fatalità degl'istinti, o meglio l'irresistibilità dell'istinto sessuale. Ciò è adom– brato anche dalle parole « fatalità contemporanea» che vorrebbero sug– gerire, credo, quasi l'idea d'un ciclo sotto qu~ll'i_ns~gna. Uno schema come un altro come non per far.e un paragone, 1 Vinti nel Verga. Preda degl'istinti; ;oprat~tto di q1;1ellòa!11oroso, sono _i ~ue protagonisti. di Carne, Femia e Bepp~: Fem1a, anzi, ra~azza belhssrm_a e_fa~le, rov.~a tutti quelli che le si accostano, il cont~drno ~labrese, 11g1ov~e patrizio napoletano. Ma tutto ciò è la supel'lficie, anzi lo -schema generico del ~o– manzo · nel quale di programmatico in tal senso c'è ben poco. O megh?, lo scrittore se p.'è felicemente dimenticato, anche se qualche volta, m / BibliotecaGino Bianco

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