Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

488 F. Jf'lora È così frequente questa aggettivazione nel ,Sannazaro che non giova recare altri esempi. L'uso ingenera monotonia; ma cr~ anche_ una ingenua simmetria di rapporti cui non sa,prei negar~ graz~a. Io 1~ assomiglio ad un rimare non già di rime o assonanze ma di spazi e tempi musicali : una rima simile a quelle di colonne (rime architettoniche anch'esse) che abbiano un capitello sempre diverso ma se~pre r~c?r: rente col medesimo getto. Talvolta il ,Sannazaro usa alcum part1c1p1 come aggettivi e li colloca egualmente prima del sostantivo, creando una eleganza di frase insolita: 1~itornare ai lasciati giuochi; fornire i cominciati piaceri; le pene dei fulminati giganti; le quali sempre dalle cercate campagne ti portava. . M.a questo modo dell'aggettivo e del participio messi quasi sempre innanzi al sostantivo, e certa timidezza e incertezza vocale che. ha il tra– durre di questo genere, son simili, quasi direi, a quelle che si colgono nella inflessione di straniero che. abbia, timore di non pronunziare perfet– tamente una lingua conosciuta : e il sapore eletto e ad un tempo insolito come di una lingua cui conveniva altra voluta espressiva, e il mescolare costumi e consuetudini d'una e d'altra favella, genera un circolo di nuova magia .linguistica. E si prova l'impressione di un candore acerbo che vien dalla lingua e dalla sua melodia : un candore che non ha che ve.dere con l'ingenuità dell'argomento, come nel~e. vite del Cavalca, po– niamo; è diversa la ingenuità del racconto dalla, ingenuità espressiva per l'aura della traduzione. Questo palpitare e battere d'uccelletto che ha la lingua delle traduzioni, e si sorprende anche nelle traduzioni di pittura scultura architettura (come nel passaggio dalla lingua figurativa ro– ma,na ed ellenica a quell.a cristiana : in certe aureole di origine bizan– tina tradotte nei quadri di pittori nostri del trecento ; in certi accosta– menti di colori che eggi, presso pittori nostri, traducono colori di mo– delli francesi e in genere stranieri) ha nel Sannazaro una sua intima· commozione, che pur essendo d'origine letteraria, appunto perché move da un sincero affetto umanistico tocca momenti poetici. A proposito del Sannazaro si potrebbe fare, se ce ne fosse bisogno, e se non si dimentica~se il carattere puramente didascalico della impresa, volta a mettere in rilievo certe astratte forme per meglio aiutare a com– prendere l'ineffabile di un poeta, - ineffabile perché detto e da dirsi solo nel modo che egli ha usato, - si potrebbe fare la difesa dell'agget– tivo; di quello che rlistingue la poesia del letterato vero e del vero poeta dall'accento prosastico, e crea l'incanto poetico trasformando il so– stantivo, che per essere immediato,. risente più della prosa e del lin– guaggio puramente discorsivo. L'aggettivo è il verbo fatto quieto, che colorisce l'azione- del sostantivo. In pochi poeti ciò si mostra più vero che nel Sannazaro. Ma nei momenti migliori e più cantati il ,Sannazaro vince anche questa. monotonia dell'aggettivo, e il suo p~riodo sempre scaltrissimo si fa naturalmente più variato : :1'11a le pecore, e le. capr~, che· più di pascere che di riposarsi erano vaghe, commciarono ad andarsi appiccando per luoghi inaccessibili ed ardui del salvatico monte; quale pascendo un rubo, quale un arboscello, che allora tenero spuntava dalla terra: alcuna si alzava per prendere un ramo di salice; altra andava rodendo le tenere cime di qiierciuole, e di cerretti; molte bevendo per le chiare fontane, si BibliotecaGino Bianco

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