Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
Jacopo Sannazaro 487 tempio o casetta), grattale (piccole gròtte), e plurali neutri frequente– mente: costumora, dumora, tormora, fiumara, fatora per costumi, dumi, torme, fiumi, fati. Ma, se qua e là questi modi dispiacciono o destano un sentor comico, il letterato vigile li giustifica sempre nella sua esper– ti.ssima consapevolezza. Come la, sua lingua naturale è quell;:i,dei suoi poeti, evocarne un aggettivo, una voluta, un mordente che meglio colorisce, è per lui una gioia alla quale non rinunzia e che talora diventa una specie di peri– colosa abitudine. .Si potrebbero qui citare le più frequenti fonti del Sannazaro. Le incerate c~ne dei pastori? Ecco Virgilio nell'egloga se– cònda: « Pan primus c.alamos cera coniungere etc.». Insegnò primie– ramente le selve di risonare il nome della formosa Amarillida? Ecco; egloga prima: « Formosam resonare doces Amaryllida silvas ». Setoso cinghiale, mq,le augurata cornice? ... Ma basta seguire le annotazioni del Massarengo, del Sansovino, del Porcacchi, che han segnate tutte le fonti, e dimenticarsi di citarli, per sembrare dottissimi. Il fatto è che non la fonte importa, ma, in questo caso, il modo della traduzione. · Si può dire che l'Arcadia intera abbia il carattere e il sapore di una traduzione: e perciò sia scritta in un particolare italiano atteg– giato soprattutto sul latino, ma non senza che i particolari umori della lingua italiana, vietando certe trasposizioni, mal tollerando certe in– versioni, non obblighino il .Sannazaro a curiose schiavitù, le quali infine si risolvono in una non pensata monotonia. Càpita così (ed è tra le cose maggiormente degne di attenzione quando si esamini la prosa sanna– zariana), che, volendo il Sannazaro, sulla scorta dei classici, collocare accanto ad ogni sostantivo un aggettivo che lo colorisca, di quelli che non han necessità di compiutezza ma solo tradizione figurativa e li– rica (al pari degli aggettivi omerici), non possa valersi della varietà di giacitura e collocazione consentita dal latino, e sia costretto a porlo ac– costo al sostantivo, anzi, di solito, subito prim~ di questo, perché non diventi un predicato. Nei versi latini del Sannazaro l'aggettivazione ha lo stesso carat– tere, ma la costruzione della frase è necessariamente più varia, in quanto l'aggettivo accordandosi per genere e per numero e per caso può rima– nere tuttavia a distanza dal sostantivo: od anche Tytiru.s adtritae sprevit rude carmen avenae Ipse lacte domum referent distenta capellae Ubera; nec magnos metuent armenta leones. Ma si veda ora invecf>come l'aggettivo è schiavo del posto comandato accanto al sostantivo, nelle prose italiane del Sannazaro: Per la qual cosa ancora, siccome io stimo, addiviene che le silvestre canzoni vergate nelle ruvide cortecce de' faggi dilettino non meno a chi legge, che H oolti versi scritti nelle rase carte degli indorati libri; e le incerate canne de' pastori porgano per le fiorite valli forse più piacevole suono che H ters-i e pregiati bossi de' musiCi per le pompose camere non fanno. BibliotecaGino Bianco
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