Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

Jacopo Sannazaro 481 ayeva sèritto un patetico epigramma di addio alla sua Partenope, rifu– giando il suo animo nella compagnia delle Muse: Et mihi · sunt comites Musae: sumt numina ·vatum: Et mens laeta suis gaudet ab auspiciis. Blanditurque animi constans sententia : quamvis Exsilii meritum sit satis ipsa fides. Il Principe- d'Orange per certi suoi scopi militari gli distrusse la villa a Mergellina, e, a racconto del Giovio, il ,Sannazaro serbò odio implacabile al devastatore, sicché trovandosi quasi presso a morte per infermità grave, avendo appreso clie il prin.cipe era stato uc– ciso, non senza latina gravità, disse : Excedam e vita hoc meo non inani voto laetus, postquam barbarus Musarum hostis, ultolre Marte, immanis injuriae poenas persolvit . . Parole assai acri, per un letterato cosi pastorale .qual'era il Sannazaro: e chi s'immagina i sentimenti quotidiani del poeta a imitazione di quelli che costui espresse in poesia, dev'essere in un bellissimo imbarazzo. Del resto anch.e in versi il Sanna– zaro espresse violentissimi sdegni, contro Alessandro sesto e il Valentino e contro il Poliziano; ma quegli epigrammi latini possono bene essere ricondotti solo alla sua pratica vita, perché non toccano davvero l'arte. E tuttavia, nell'insieme, si deve dire che il Sannazaro fu un tempe– ramento sereno: di quegli uomini che, per virtù d'orgoglio, si son composti una maschera lieta e calma; ma son poi nel fatto di violen– tissimo sentire, sicché solo agli ingenui tocca poi meravigliarsi se ne colgon certi scoppi d'incredibile fierezza : sereno perché, artisticamente, di visioni consolatrici si compiacque. D ei i'uoi amori, materia assai difficile a conoscere davvero, ma della qua.le i biografi credoµ sempre di essere informatissimi, appunto per quel l amentato equivoco di scambiare i dati poetici per dati biografici, non si sa troppo. Parlano soprattutto del suo amore per Carmosina, nato quando egli era ancor fanciullo, e di quello per la marchesa Cas– sandra alla quale il poeta indirizzò le sue Rime. Ma per quel che ri– guarda la poesia, come si può essere grandi amatori nella vita e igno– rare la trascrizione poetica dell'amore, e come poi il voler giudicare dell'amore di un poeta dai versi ,è un modo di astrologare, il sentimento dominante nel Sannazaro più che all'amore s'ispira all'idillio. d'imma– ginazione su uno sfondo di vita pastorale quale Virgilio e Teocrito avevan 1igurato. Infine, se piace di saperlo, il ,Sannazaro era « di sta– tura più che mediocre: bello e vivace d'aspetto: membruto alquanto: e presto da immatura canizie aggiunto». Delle opere che egli scrisse, da gli Gliuommere, la Farsa per le nozze •di Costanza d' Avalos, la Farsa per la presa di Granata, le elegie, gli epigrammi, le Rime, fino al De Partu Virginis e all'Arcadia, è q1iest'ultima che oggi ferma di più la nostra attenzione. Le Rime ad esempio, sono spesso callide ed eleganti, ma a me direi che due soli versi, i primi di un sonetto, han dato vera emozione: Sì spesso a consolarmi il sonno riede, Oh'omai comincio a desiar la morte. 31. - Fl,gaso. BibliotecaGino Bianco

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