Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

470 U. Ojetti - Lettera a,l conte Volpi di Misurata, sull'arte a Venezia l'anno dopo. E i mezzi secondo me sono quattro. Uno: seguire per la musica il programma che ormai è nello statuto stesso delle Biennali d'arte; accogliere cioè ,solo i lavori di' chi nelle mostre reg_ionali abbia già dato sicure e ripetute prove d'essere degno d'entrare m una gara internazionale. Due: comporre programmi sempre, sera per sera, misti di vecchio e di nuovo, tanto più che, specie nella gloriosa musica nostra, molto vecchio è nuovissimo pel pubblico d'oggi e pel gusto d'oggi. Tre: dal concerto salire coraggiosamente al melodramma, allo Spettacolo dei Principi come si diceva tre secoli fa, e rappresentare alla Fenice, ad ogni Festival, due opere antiche con una messinscena davvero moderna, due opere italiane o all'italiana, perché, se accanto a un'opera di Monte– verdi o di Pergolesi, di Galuppi o di Paisiello, di Piccinni o di Cimarosa, si desse anche un'opera di Gliick o di Mozart, resteremmo pe:i; fortuna sempre in Italia. Quattro : dare due concerti di musica sacra in una delle grandi chiese veneziane, ai Frari o a San Giovanni e ~aolo o dove sia un organo capace (qui a Firenze in quest'anno avremo due organi nuovi e ricchissimi, in Santa Maria del Fiore e in Santa Croce), perché, a dir solo d'un veneziano, il nome di Benedetto Marcello può chiamar pubblico anche da Nuova York e da Berlino, se non sbaglio. E se cogli antichi vi apparirà qualche nuovo scrittore di. mus!ça chiesastica, da Perosi in qua, tanto meglio. E i danari ? Mettere in scena, e degnamente e modernamente, due opere costa più che mettere insieme sette concerti. E, qui risiamo al punto dal quale sono partito. Bisogna tornare con fede a pensare che, per quanti Salisburgo e Monaco siano al mondo, in queste cose del~ . l'arte Venezia o Firenze danno una risonanza ed emanano una luce che· non tollera confronti. Soltanto bisogna che quello che a Venezia o a Firenze ,si offre al_pubblico, mostre, esposizioni, festival, cori, rappre– sentazioni, sia degno di tanta risonanza e di tanta luce. ,Se no, è inutile, prima, tentare; e poi, accusare il mondo d'indifferenza. A un uomo come te è facile, credo, raccogliere in pochi mesi cinquecento sottoscrittori, a cinquecento o' a mille lire l'uno, pel settembre musicale a Venezia,; e agli stessi ordinatori di quest'anno sarà facile allora formulare, al tea– tro e in chiesa, un programma stup.endo, da ba.ttere, mettiamo, Sali- ,sburgo non per cento metri ma per cento chilometri. . Non basta: questo progra.inma bisognerebbe in ogni particolare an– nunciarlo almeno dieci mesi prima. I turisti pensano fin dall'invèrn-o ai viaggi delle loro vacanze; e quando hanno fissato un itinerario nes– suno li smuove. Una pagina, mezza pagina, sui dieci maggiori' fogli quotidiani e settimanali d'Europa e d'America, tra decembre e gennaio, coi nomi che mi ~ono permesso ~?allineare più su: e, se tutto, quadri e scultu_re, co~certi e melodrammi, cantanti e orchestre, sarà degno ùi Venezia, l'esito sa,rà certo e, d'anno in anno, sempre maggiore. E i « gioyani » ? E l'avvenire ? ·Tu ed io siamo convinti che l'avv.e– nire, in tanto può trionfare, in quanto, per progredire, si parte dal passato. Se no, il progresso si muta in precipizio. E anche perché su questo siamo d'accordo, mi sono rivolto a te. Con affettuosa amicizia, UGO 0JEJITI. BibliotecaGino Bianco

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