Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

Lettera al conte Volpi di Misurata, sull'arte a Venezia 469 a restituire alla Biennale quelle « retrospettive» che erano uno dei suoi fascini e che i novatori d'oltre confine non disdegnap_o se fu proprio il Salon d' Automne, nel tempo del Cubismo, a preparare le mostre di Poussin e di Ingres? Non lo so. E tu ricordi come fu improvvisata, dal Principe d'Assia ,e da Nino Barbantini, l'Esposizione. del ,Settecento, in due o tre mesi, così che fuori d'Italia si cominciò ad averne notizia solamente dopo che fu aperta. Non faccio confronti, né davvero penso a schiacciare il Novecento opponendogli il Settecento. Ad ogni epoca, il suo volto; e l'epoca nostra m'è carissima anche perché mi ci trovo vivo, e se ogni anno io potessi comprarmi un Casorati o un Tosi e appendermeli su queste mie pareti, sarei felice. Soltanto mi pare necessario stabilire una verità : che il ·pubblico italiano e straniero preferisce una mostra d'arte antica a una mostra d'arte d'oggi. S i può sospirare, ma è così. Se il Governo e il Comune hanno dana.ri da spendere p_er incoraggiare solo l'arte d'oggi trascurando i gusti del pubblico, m'inchino. Ma ,è bene notare : uno, che Venezia è in strettezze e non può permettersi questi illogici lussi e questi' pàtronati costosi; due, che, a Parigi e a Monaco, a Londra e a Vienna, ad Anversa e a Barcellona, tutti ragionano in una maniera affatto opposta e che là per un'esposizione d'arte d'oggi si possono con– tare due, tre, quattro mostre d'arte passata mirabilmente scelte. Là, cioè, si studiano i desideri del pubblico, e si cerca di soddisfarli nel modo più degno, visto che la mostra, mettiamo, d'arte italiana a Londra l'inverno scorso o la mostra d'arte fiamminga adesso a.d Anversa o la mostra d'arte persiana che si prepara anche a Londra, per l'inverno venturo nelle stesse sale di Burlington House, sono fatti d'arte memo– rabili nella storia della cultura. Noi Italiani invece 1 abbiamo il timore di passare per passatisti. È il nostro ultimo e ingenuo snobismo. Ci costa parecchie centinaia di migliaia di lire: non importa. « Domani si fa credito», oggi si paga. E non si' pensa che, se una città attrarrà cinquecentomila visitatori per una mostra d'arte antica, anche le mostre d'arte d'oggi aperte là du– rante quei mesi vedranno ipso facto raddoppiare il numero dei loro vi– sitatori. .Niente : meglio un deficit, che una concessione al nostro povero passato. Cosi si ragiona proprio in Italia. L'esempio della musica è anche più lampante. Quest'anno, lo so, Lualdi e Casella hanno fatto solo un primo tentativo ; ma la sera in cui il Festival tenne il suo concerto dentro un salone dell'Excelsior al Lido, vedendo fin quelli del comitato ordinatore, durante certi « pezzi» massosi, passeggiarsela e fumarsela con me sulla terrazza sotto la luna piena, lontano dalla musica, mi venne fatto di pensare che, se il padron di casa rifiuta un cibo, gl'invitati hanno il diritto di pensare che sia indigesto. Una cosa è il programma d'un Festival; e un'altra, un programma scolastico. Anche qui è bene ripetere che ascoltare una musica di Pizzetti o di Casella, di Malipiero o di Castelnuovo e via · dicendo, m'è un piacere per due ragioni; che, se la musica ,è nuova, al gusto d'ascoltarla s'aggiunge quello della curiosità. Ma i fatti per– sonali qui non contano ; qui parliamo del pubblico e della maniera più conveniente per riempire la sala d'ascoltatori contenti, pronti a tornarvi BibliotecaGino Bianco

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