Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
464 G. Stitparich avevo capito niente. Ma ora capivo, ora vedevo, come quando a teatro quello che prima pare lo sfondo, si rivela un semplice sipario che alzandosi scopre ben altre e più complesse profondità. Quella luce pacata sotto gli alberi, l'erba tenera che palpavo con la' mano, quella donllla vicino a, me, mi davruno uno s~raID:o senso di dolcezza e di inquietudine. Contemporaneamente udivo m lontane regioni, preciso ma smorzato· dall'irrealtà della sensaziooe! l'url~ dell'assalto e il ternar dei caIDnoni. E dire che poche ,ore rnnanz1 quelle regioni così «lontane)) m'erano più presenti della Tina che venivo a trovare con l'animo di chi ha messo a posto ogni cosa nella vita ed è pronto a morire. Ora invece tutto mi si scombussolava di nuovo. Ohe c-os'era stata la Tina !Ilella mia vita ? Poca cosa, un episodio intimamente vissuto e caro al ricordo. Cosi -per un sempHce capriccio, avevo desiderato di rivederla ed ero venuto a oongedarmi da lei. Ma chi avrebbe pensato che sarei venuto a rimuovere ciò che mi pareva ca,lmo e definito da u!Ilpezzo? NO!Il è sempre meglio, una volta che ci si è staccati da qualcuno e son trascorsi gli anni, non pensarci più? Qua.Ii sorprese riserbano certe relazi-O!Ili,a volerle riannodare! Dopo quattro aID!Ili che dormivo tranquillo sul conto della mia relazione oon la Tina, mi toccava ricredermi, scoprire ch'era stata diversa da quella ch'io avevo ben fissa e determinata den– tro di me. Per quale tremenda condanna n,oo può formarsi quasi mai corrispondenza d'affetti, tra un uomo e una donna- giova!Ili, se non ci s'insi!Ilua l'amore? Perché. quest'mgaIDno della natura? Ecco, l'ami– cizia con ll:liTina era una delle mie poche conquiste di cui andavo orgoglioso, e dopo quattr,o anni sooprivo che anche in quell'amicizia s'era immischiato l'amore. Difatti solo una d!oinna,delusa nell'amore, poteva guardarmi in quel modo che mi guardava la Tina. Dopo aver · pronunciato il IIlOmedell'uom-0 che l'aveva resa madré (e appena ora m'aocorgevo con che disperata vittoria su se stessa l'aveva pronunciato), ella mi parlava con gli occhi, dalla più calda pro– fondità del suo amimo. Se c'era un rimorso in lei il rimorS-O, di non ' avermi rivelato prima ciò che provava per me, d!aquesto suo rimorso e da tutta l'umiliazio!Ile, patita in quei quattro a111ninasceva un . ' rimprovero amaro e app;=i,ssionatocontro la mia oecità. « Tu avresti dovuto essere il paidre ,della mia creatura; tu che hai formato il mio mondo spirituale, tu dovevi farmi ma,dre d'un figlio che lo respi– rasse e concretasse in sé)): questo io leggevo nel suo sguardo. E non lo potei sostenere. La mia allegrezza si trasformò in un malinconico senso d'impotenza umana. Davanti alla mia immaginazione si ripresentava, la figura di Beppino, oon la sua faccia schiacciata, con le labbra grosse U!Il poco arl'ovesciate, come quelle dei bambini golosi che restan' tali anche quando si son fatti uomini. Simpatico :figliuolo impastato dli boria e d'umiltà quasi servile, di scoraggiamenti e d'i~prontitudmi BibliotecaGino Bianco
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