Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

Addio aila Tina 463 sfere, i suoi ragionamenti d'una volta! Ma ,questo non glielo dissi; 'avrei turbata. Allora tutta la sua esaltazione era, come U[ll, fiamma redda; ora invece nella sua stessa voce si sentiva il dolce calore ~ella terra. Io me g-0d~vo, eppure inconsciamente qualche cosa mi tormentava. ,Seppi subito che· cosa, quan do non potei più tratte– nermi dal chièderle com'era suocesso c.he fosse divenuta ma-dre. Fu una volgarità da parte mia, ma ero curioso, fino all'imquietudine, di sapere chi fosse il suo amamte. Mi vergogna-i e mi pentii della mia domanda. Me l'avrebbe rivelato da sola, prima o dopo; gliene dovevo lasciare il tempo. Ohi sa con quamta delicatezza l'avrebbe · fatto senza offendere me e senza soffrirne lei. Invece la mia domanda la colpi come uno schiaffo. La vidi arrossire e sùbito impallidire. Molti sentimenti ch'erano assopiti, dovetter,o risvegliarsi in lei e turbare la sua serenità. Una gramde stanchezza le salì su da tutto il corpo e le apparve sul volto; tanto che mi pregò che ci sedessimo ai p,iedi d'un olivo. Parlò senza indugiare, con un'espressione di pena -e di durezza intorno alla bocca. Ohe aveva un grl:!l[lderimorso verso di me. Ohe certo la nostra amicizia, lo sentiva, non sarebbe stata ormai scossa da nulla; ma che prima ella aveva taciuto per la paura di metterla im perioolo. Ohe in quattro anni avrebbe potuto confessarmi tutto, ma aveva provato. non sapeva qual ritegno: meglio sarebbe stato per lei, se così doveva essere, che la mostra bella amicizia svanisse nel silenzio, piuttosto che pr-ocurarle un colpo .... Ma aveva sba-' gliato, ver-o? ~ e nel dir questo alzò gli occhi su di me e gli occhi le si ri~mp,irono di pianto ed ella dovette fermarsi e fare uno sforzo perché il pianto non le sconvolgesse tutto il vis-o. Io stavo im ansia, non sapevo che cosa dirle, non capivo che cosa lei stesse per rive– larmi. Le accennai di sì col capo ch'ero d'accprdo con lei, che nulla poteva scuotere la nostra amicizia, che ella aveva sbagliato a non confessarmi tutto. ,Ma dentro di me già mi spiegavo il motivo del suo rimorso con ragioni ed immagini false. Quamdo ella mi svelò con un accoramento pieno di colpev-ole timidezza, che si volevamo berne lei e Beppino, dovetti proprio padroneggiarmi per non scop– piare a ridere e per non acca.rezzarle la testa. Bambina, e che ri– morso aveva ,da avere verso di me ? Non era Beppino un uomo oome un altro ? Perché verg-0gnarsi d'amare Beppino ? Io che prima,, solo nell'apprendere l!i,sua maternità, m'ero sentito male, ora invece, al nome del padre, all'immagine di Beppino balzatami subito in mente, al contrasto fra la tragicità del preambolo e la comicità di quella rivela-zione, non fui capace di nascondere un senso di festosa allegria. E mi s'arei alzato, per dargli sfogo, per trascinare amche lei nella mia contentezza, se non fossi stato richiamato d'all'intensità del suo. sguardo, fisso su di me. Leggendo nei ~uoi occhi e nell'espres– sione del suo viso, m'accorsi ch'ero stato una bestia ottusa e che non BiblìotecaGino Bianco

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