Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

Addio alla Tina 461 senz'alzare la testa. In· alcun modo più vivo e più fulmi111eo,ella \non avrebbe potuto farmi sentire che tutto il discorso che le ve– inivo facendo, era sorpa,ssato, inutile. Alllche l'aooordo, puramente esterno, si ruppe. E oonfesso ch'io mi sentii 1110111 soltrunto im– barazzato, ma offeso. Offeso, ma non da lei, dolce creatura, ma dall'uomo a me ignoto che l'aveva resa mB!dre. U111 sentimento di gelosia mi prese, quasi un furore, che mi fece salire il sangue al _viso. Con che diritto ero geloso? Con 111essundiritto ragionevole, forse col solo diritto qegli istillltivi. Mi pareva d'aver avuto 1110n so quale privilegiata autorità su la Tina ed ora mi sentivo dimi– nuito, quasi sbeffeggiato. Ora iF1tendevo a pieno la frase tante volte u<llita di « regolare la sua posizione)). Insieme 00111 la gelosia mi si mescolò u111 senso di grande pietà per lei, e di rabbia verso me stesso e d'ira contro il mo111do. La guardai, di certo, 00111 tutti questi sen– timenti che non sapevo 111ascondere, espressi nel volto. Anche il suo viso si coprì· di rossore. Ebbi paura che m'i111terpretasse male e che mi facesse una di quelle domande le quali, nello stato di sen - sibilità i111 cui mi trovavo, m'avrebbero ferito fino i111 fond!o. Gliela udivo già pronunciare : se forse la condalllllavo anch'io come tutti gli altri. Sarebbe stato un s-0spetto insopportabile, da cui 1110111 avrei sa-puto liberarmi; sarei rima-sto zitto e tutto era perduto. Mentre, proprio i111 quel momento, io no111 ;volev-operdere la Ti111a;prima l'avrei considerato come una liberazi-o111e,ma ora no, ora volevo sapere di più, sapere che cosa era avvenuto -della sua vita. Poter– gliela arrestare sulla bocca quella domanda fatale, prima che la pronU111ciasse; parlar io per il primo; ma 1110n potevo. E fu una fortuna. Ella intuì assai bene, co111 quella prontezza ch'è della don111a, ciò ch'io pativo dentro di me. - E tu, - mi chiese, con U1I1 tono armop.:Losodove vibravano insieme timore e tenerezza, <lubbio e per– suasio111e,malinconi11 e sorriso, - tu 111-0n mi sei più amico? - Le avrei baciato le·mani di rkornoscenza. Sentii come una c-arezza quella domrunda che mi liberava dal mio turbamento e che mi suggeriva la_ risposta, semplice e affettuosa. - Più di prima, TÌIIla. - Allora :finalmente soomparve ogni d1sarm0111ia:. Io potevo star con la Tina, non come avevo immagÌIIl-ato e com'era impossibile, ma natural– mente, come voleva la realtà che, ÌIIl,quei quattro anni, aveva mu– tato tanto me che lei; co111 la stessa 3/micizia di prima, ma 111uovi. Il riavvicÌIIlamento fu oo-rdiale; cordiale il moto ch'io feci per acco– stare la mia seggiola al suo letto e appoggiarmici col gomito ; cor– diale e foanoo l'inoontro dei 111ostrisguardi. In quel pu111toentrò la cognata. Fosse entrata qualche mÌIIluto prima, l'imbarazw tra me e la Tillla sarebbe rimasto forse per sem– pre irreparabile. <Madopo lo sguardo d'intesa che c'eravamo scam– biati, poteva entrare runche la cognata ed interrompere il 111ostro col– loqui-O. Io provavo ainzi una punta di piacere in quell'Ìllltermezzo BiblìotecaGino_Bianco

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