Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

460 G. Stupa,rick tra ooloro e lei, non potevo esitare nep,pur un momento a dichia– rarmi dalla parte sua. E le parlai, ritrovando per la prima v~l~ quell'accento caldo d'amicizia che disperata-mente c~rra:o· Le_d1~s~ che aveva ragiOllle lei, che 1110n dovesse preoccuparsi dei p,regmdiz1 borghesi, ma che facesse valere il suo ,diritto umano, ciò che del re– sto mi pareva fosse stato sempre il propo111imentochiaro della sua vita-. Ella si feoe raggiante, si sollevò a sedere, le ritornò il moto 111ervoso delle mani che tanto bene le conoscevo: quel portarsele all'altezza della faccia e storcersele di piacere (lo faceva per lo più quand'io riuscivo a esprimere con chiare parole ciò che lei sen– tiva oscuramente dentro di sé); e tutt-0 il suo viso di bambina era là che mi guardava COIIl ardente riconoscenza. Io m'afferrai a quel– l'espressione e allora mi parve d'a.ver finalimente ritrovato la Tina. Mi sentii subito a mio agio. Fino a quel punto ero rimasto irnchio– dato sulla seggiola senza rendermi conto della .sofferenza che ,quella posizione mi procurava. Mi alzai e cominciai a passeggiare in su e ilil giù per la camera. Avevo bis-ogno di sfogarmi. Ora l'abiss-o dei quattro anni er,a varcato. Restavano tarnte vicende, tanti parti– colari oscuri, ma si sarebbero spiegati. L'importante era che si foss-eriacceso fra noi due l'antico affetto. Per ravvivaDne la fiamma 1 mi misi a risuscitare i nostri oomuni ricordi; e ciò mi riusciva assai felicemente, poiché li avev-0,già preparati dentro di me. Parlando, rundrundoe venendo verso il suo letto, mi pareva dli riacquistare la franchezza e superiorità di tono che avevo a quei tempi. Ma e.ra tutto U1I1 darmela a intendere. Og,ni volta che mi voltavo vers o pi lei, mi dicevo mentalmente : «ecco, ora la guardi e nessu111malin - teso più te la, vela)); e inveoe ogni volta ero costretto ad osservare che la Tirna ch'io m'esa.ltavo d'aver ritr-0vato e che volevo quasi con le mie parole trattenere e fissare, mi sfuggiva sempre più e l'altra Tina, la donna a me sconosciuta, ricompariva e prendeva il posto di quella. Sì, il mio desiderio di star zitto e di contemplarla che . ' avevo sentito appena entrato, era giustissimo; avrei avuto proprio bisogno di studiarla e di stabilire un nuovo equilibrio fra me e lei. Così non andava, la mia disinvoltura s'abbatteva come Ullla vela ingm111iiata dal vento, ed io presentivo con terrore il nuovo ghiaccio che si sarebbe formafo su quella .fiamma fittizia. Ohi era, chi era la donna a cui parlavo della Tina come se fosse lei, a cui ricordavo i n-0stri d!iscorsi di fede e d'ideali? Perché quattro amni possono in– cidere anche nella fisonomia tante nuove espressioni ,da cambiare - quasi del tutto la vita d'una faccia ? ' Lei si faceva sempre più triste. Aveva chinato la sua bella testa e si guardava le mani adagiate sul lenzuolo. Le m3Jlli? No oltre le mani, p iù sotto doveva fissarsi il suo sguardo. Ed io continuavo a parla.re, ma lei forse non m'ascoltava più. - Sai che sono incinta - m'interr uppe all'improvviso, guardrundomi dal di sotto m 'su, BibliotecaGino Bianco

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