Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
Addio alla Tina 459 non me ne davo pensiero, stimando ch'essi non riguardassero lei, · la Tina, ma che fossero ·semplicemeinte dei pretesti per discorrere o che riguardassero, no111 so .... la cognata. Ma a un certo punto n-0111 potei più d'ubitare : erano propdo fatti della sua vita. Alzrund-0 gli occhi su di lei scorsi il ·suo sorriso d'attesa, e, come una mi– naccia, mi riecheggiaro111ti le sue ultime parole : « E tu che ne pensi ? >>. Bisognava risp0111dere. Se le avessi potuto parlare since– ramente, come sentivo dentro di me, i111vece della risposta ch'ella s'aspettava, le avrei detto che da un -quarto d'ora m'affrunnavo illlu– tilmente a ritrova-re in lei l'amtica Ti111a: le sembianze si c'erano, ma tutto il resto era molto cambiato; che avrei potuto i111namorarmi di lei se non avessi pensato alla guerra e alla mia prossima partenza per il fronte; che 1110n avevo capito nulla di tutto quello che m'aveva racc-0ntato. Ma temevo d'offenderla. Si formano alle volte tra uomo e uomo delle spaccature, degli abissi, che 1110111 ·s'ha il ooraggio di saltare, non per riguardo a se stessi ma per non cadere 0iddo.sso al- 1' altro in malo modo. Tuttavia ,io avrei preferito offenderla che prooder alla leggera la sua vita e rispondere alla sua richiesta, trunto seria,_ oon Uina sciocchezza. Mi concentrai con tutte le forze del mio spirito e cercai di richia– mare in luce le impressio111i che pur dovevano esser passate, per quanto fugacemeinte, sul mio cervello. Rividi una madre che mo– rendo disereda una, figlia, perché ,questa n0111 intende più d'rundar a messa; un -fratello cattivo che si vale delle disposizioni d'un testa– I11ento, dettato dalla passio111ee non dalla giustizia, per lascia-r nella miseria u~ia sorella car111ale; 11iI1 altro fratello buo1110, che l'ac– ~oglie in casa ma che le chiede, come tutti illltorno a lei, di « rego– lare la sua posizione». (Il significato di quest'ultima frase poi, ri– petuta, era per me un mistero). Ecco, tale doveva· essere il mondo in cui viveva aJ.lora la Tina. Ed io vi ero capitato di pu111to ÌIIl birunco e 1110111 sapevo capacitarmene. Prima, quattro anni prima, quella madlre che ora mi s'ergeva davanti oome U111a figura terri– bile, spagnolesca, non esisteva, quel fratello oattivo e quello buono neppure; tutta quella faccenda di patrimo111i e d'eredità e di inte– ressi, prima, neanche a sognarla. Come mai Uill mondo cosf aereo, fatto tutto d'aspirazi-0111i generose, s'era potuto cambiare i111 poco tempo in un mo111do tanto duro e ooocreto ? C'era dunque un pas– sato lontano e c'erano fatti recenti ch'io ignoravo completamente e di cui forse la Tina mi credeva a giorno. Come-fare li, su due piedi, a coordinare, a veder chiaro, a giudicare? No, pr,op,rio non sapevo che oosa risponderle. Rimanevo in un silenzio irto di pena e di di– battiti interni; e lei aspettava, e illltanto il sorriso le si spegneva sulle labbra. A un tratto pensai che di tutta quella gente che la ciroo111dav,a e l'affliggeva, lei sola poteva aver ra,gio111e.Chiaimat-0 a far da giudice BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy