Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930
Fogli di diario 309 sembra nuova e stra.ordinaria, piena di tentazioni e di mistero, giuro a me stesso di non rimettermi in mare mai più :finché avrò vita, e ci credo, sebbene io sappia che co1I1tosi debba fare dei giu– ramenti dei marina.i. DOLCEJZZlll DI MALAGA. Malaga è tutta dolcezze. Essa si sveglia tardi al mattino: dolce d!ormire. Se il sole è già alto, ecco le floride palme del Parque por– gerti rotondi amplissimi ombrelli: dolce ombra. Le doillile sono pal– lide e brune 1 e hanno gli splendidi e dolci occhi delle a,ndaluse. Il vin di Malaga, chi non lo sa? è dolce oome il miele, oltre che denso e silenzioso oome l'olio: mette nell'11nima una dolce ebrietà, un dolce oblio. L'uva di Malaga, il famoso zibibbo, si voode per le strade in scatole ricamate. A Malaga si mamgiano anche i datteri più butirrosi, e il dolce nazionale, il « membrillo », batte in dol– cezza quanto al mon'do v'è di più dolce. Solo il clima di Malaga turbato da quattr•o venti, il vendo,bal che soffia in invern·o, la, brisa del swr che soffia in estate, il levante che è sempre umido, e il terral che è sempre secco, non è dolce abbastanza per le povere vecchie inglesi che vogliono d'olcemente morire al sole. GLI OCHINI. Al grido che io lanciai oon qt1a1I1to :fiato avevo ilil gola: - Un mito in mare! - nessu1I1 0si mosse di qu anti eramo a bordo. Come se nulla fosse, il Oapit:vno, imbraccioo.do un vecchio fucile olandese e scivolando cautamente fr a i bidoni da o lio che ingombraino buona parte della coperta., continuò a procedere verso poppa, dove [lUme– rosi alcioni, ad ali distese, si lasciavano portare dal vento nella scia della nave. Poco prima, togliendo lo schioppo dalla rastrel– liera : - Andiamo a tirare agli ocbini, - mi aveva detto. Io udivo per la prima volta chiamare così, con questo [lOme prosaico e ca– salingo, UIIlnome da pollaio, un IIlome da laghetto di giardino pub– bli,00 o tutt'al più da padule, quei poetici e leggendari ucoelli. Allora mi parve di vedere il bel mito d'Alcione, infranto, cadere in a,cqua e inabissarsi. E quando il Capitano, presa la mira, ebbe sparati due colpi, che, a Dio piacendo, andarono a vuoto, io me ne rimasi tutto mesto e sconsolato, come uno stupido bambino al quale fosse caduto iin mare un balocco, a guardare i candidi alcioni che -si sparpagliavano qua e là dispersi da quegli spari. Per conso– larmi, tentai di invocar<> Ovidio, e: «Nulla est Alcyone 1 nulla est, - andavo ripetendo - occidit unb, - mtm, Oeyce suo .... ». Mi Bibioteca Gino Bianco
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