Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930
Fogli di diario 307 dormooo sotto il castello di prua. Una tRnda sudicia è tesa dinanzi . alla loro porta, e qu.ando chi entra o esce ne solleva UlI1 lembo · s'intravedono accastellare contro la parete le loro buie cuccette. Là si buttano a dormire in ogmi ora òel giomo e della notte, in attesa che la campam.ella li chiami per un 111uovo tuooo. Contemporanea– mente si danno il cambio quelli delle macchine. Vengono su pallidi e oleosi sotto la loro maschera di carbone, volgono u111 rapido sguardo al cielo, al mare, come trasognati; l'acqua sterminata con i suoi bagliori di specchio li abbacina, il sole batte colpi di martello ro– vente sulle loro tem pie; ed essi, barcollando, attinta ullla secchia d'acqua, vi tuffa.no il capo, e poi, tutti grondanti e ad'. occhi chiusi, scompaiooo dietro la tenda e s'intam.am.o. I pochi marinai che si vedono sulla nave in altre ore, i] nostromo, il carpentiere, il mozw, sono illltenti a lavori pigri ed oziosi. Chi lentamente raschia la leb– bra della veochia vernice, chi eon grossi aghi rattoppa la fodera d'Ullla scialuppa, chi lucida gli ottooi delle borchie e delle ringhiere. In d~eci gioooi, il Terzo Ufficiale ha scritto sulla curva d'un salva– gente, in carattere stampatello, questo bel nome: EuNICEJ. Era uno svago vederlo ,dipingere con la meticolosità d'un cinese lettera dopo lettera. L'I specialmente gli costò molta fatica, ma grazie all'aiuto v,olonteroso di tutti noi se la cavò oon Olllore.Quello fu UIIl incidente che ci distrasse per qualche tempo e di cui si parlò eon brio straor– dinario quando ci ritrovammo tutti in quadrato a cena. Per lo più lllOnsi perde di vista la terra, ed io me ne sto ore e ore a guardarla, distesa laggiù sull'orlo del mare. Spiagge basse, spiagge alte, collillle, montagme, promontori e insenature si suc– cedono le Ulll•e alle altre simili ai diversi segni dell'alfabeto Morse sul nastro che si sgomitola dalla rotella. Nei primi giorni correvo ogni minuto aUa carta, e la terra via via mutava nome. Provenza, Roussilloo, Catalogna .... Ad Ulllacittà llle seguiva Ulll'altra, ed io subito a frugar fra le case che lentamente girava!Ilo su se stesse, apoondosi come ventagli sulla curva del lido. Credevo di vedere ca– stelli, cupole, torri, formicolio di piccoli uomini nelle fessure delle vie che sboecavano al mare, e persino le belle 1·agazze che eerta– mente laggiù, affacciate ai davanzali, ci salutavano coi fazzoletti. Poi mi a,c,corsi che quelle che io scambiavo per montagrne erano a-p- . pena modeste collilllette, le città poveri villaggi di pescatori abban– donati su riviere deserte, i miei castelli casupole ammOIIltiochiate, strade e piazze niente altro che macchie d'ombra, e gli uomini forse cespugfi. o pietre sparse. sulla rena. Ora per me tutto è uguale, e non mi curo più di sapere che cosa siano e quale nome abbiano le forme che laggiù si susseguOIIlo iJninterrotte: realtà della quale, ignorando le proporzi0111i,io preferisco ignorare· tutto. L'occhio si posa involontariamente su quella linea opaca, che laggiù muta colore e profilo, solo perché essa segna un limite. Come laggiù le onde, BibliotecaGino Bianco
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