Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

306 U. Fracchia si sprigiona un vago ro111zio d'•arpa eolia, ma è passato i~ tempo ID cui questo suono echeggiava per me di misteriose armome. Sempre libeccio. Amebe il mare lo ha preso in ugg!a, e sv,ogliatamente qua e là arricciola solo qualche ondettirna. Sul libro di bordio, tran111e le cifre che indicano il punto e 'l'ora· dei mutame111ti di rotta, il Seco111doUfficiale, oon la sua diligente calligrafia, non ha saputo segmare che una doppia N. Navighiamo verso 1o stret·to senza che si debba 111otare,nul1a di nuovo. Imperturbabile l'Eunice fende le 0111de. Si sa che le macchine fanno ottanta giri. Il loro ritmo ·è sem– pre 1o stesso: da quand'o abbiamo salpato le ancore 1I1elporto di Genova esse hanno sempre fatto ott8.1Iltagiri. Esse farebbero ottanta giri 8.lllchese la calma del mare si volgesse in tempesta e il ve111to , ci sollevasse all'intorno onde come montagne. Amebe se u1110 sciame di Ondine c_i cingesse d'assedio e una nuvola di fuoco si calasse sopra il trinchetto, sempre le macchine sarebbero telllute a un re- gime di ottamta giri. . All'uniforme cadenza di questo passo di marcia, il Capitano ed io ci siamo dBtti tutto da un pezzo. Ora passeggiamo silenziosi avanti ,e IDdietro, fianco a fì8.1Ilco,sul ponte di comando, le mani an111odatedietro la schieina, il capo basso, come prigionieri sul fondo di un'oscura prigione. Forse egli crede che io sia tutto preso dai miei pensieri ; io gli attribuis,co mali111coniche nostalgie della casa lontana, della moglie e del bambino. In realtà il nostro silenzio è vuoto come il nulla, e tedio e sonnolenza sono i soli compagni del nostro andare e venire. Se una ma,cchiolina si mostra. a distrunza sull'acqua, eccoci subito coi cannocchiali puntati disperatamente a scrutare la superficie dell'onde. Sono vecchie latte da petrolio che van1110dondolando alla deriva, cassette di leg·no sfondate, f ogni altra ,specie di vili rifiuti e di immondezze. Non ci scambiamo una parola neppure per comunicarci le nostre comuni delusioni. La– sciamo ricadere i cannocchiali che ci batto°'o sul petto appesi alle cIDghie, e riprendiamo il nostro passo più silenziosi di prima. Suona · la camp8.1Ilella del timooiere. Le al-tre campanelle rispondo1I10 per dirci che sono passate altre quattr'ore. A quei rintocchi, la 1I1ave addormentata sembra per poco svegliarsi dal suo profo1I1do ·sonno. I turni cambiano, e il nuovo timoniere spUillta ID cima alla scaletta tirandosi su per la ringhiera, ·adagi.o, ancora mezzo asso1I11I1ato. - Tanto a sinistra, 111iente a dritta. - È questa la parola d'ordine che invariabilmoote si scambialllo i timonieri ogni quattr'ore. Solo il numero dei gradi va,ria da volta a volta. Il nuovo voouto impugna i raggi della ruota stellata e dopo breve IDd'ugio s'i:i;nmerge nella bussola. Quello che se ne va scende a saltelloni la scala, e U1Il attimo dopo lo si vede attraversare la coperta a pruavia, tagliando il vento verso l'alloggio dei marinai. Ora so che i ma,rinai dell'Eunice, come jlll genere tutti i ~arinai, BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy