Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930
Il Carducci e il M arradi 275 dire a chi lo conosce: - Mi avete rotto ... ! - Parlammo un po' di tutto: anche della mia posizione; e mi consigliò come il Chiarini, suggerendomi di fare un lavoro sul Bracciolini, di cui ·abbiamo tutte le opere qui in Biblioteca. E sono ·infinite: perciò mi spaventano. Ma forse mi proverò. Naturalmente, non ne fece di nulla. . Intanto, nel torno -di quegli anni, l'estro poetico del -Marra<li aveva dato !Iluove prove di sé. Quasi oontemporaneamente ali' Epi– oedli,o, in morte della sorella Itala, uscirono i!Il Pistoia nel 1880 le F'anta,8-iemarine, il cui manoscritto Labronio aveva inviato, qualche mese prima, al Marrenghi perché lo copiasse : Copiameli più presto che puoi [i versi delle « F. M. »], e spedisci– meli subito, ritenendoti (lo sai da te) il mio copione. Sarà il tuo premio, povero Gianni! I ·salumai dell'avvenire arricchiranno i tuoi figliuoli con tutti i manoscritti eh~ hai da me, dalla Rinalda da Ceprano alle Fantasie marine ! Così scriveva il 6 ottobre 1880. Tre giorni dopo, Labronio, do– mandava all'amico che cosa pensasse di quel suo nuovo libro di versi: Ti pare che ce ne sia del nuovo e dell'originale nella forma, nei con– cetti, nel sentimento ? E, sopra a tutto, del sentimento vero, forte, umano, moderno, ce ne trovi ? O son sempre uno scolare del Carducci ? O sj dirà che vo dietro allo ,Stecchetti ? A me pare di non aver più bi– sogno d'andar dietro a nessuno, e di camminare per conto mio, e di sentire e pElnsare da me, e d'esser io e non altri insomma! E anc6ra, -I' 11 ottobre, incalzava: È un fatto che l'idea di non avere originalità mi tortura spessis– simo; ma è anche un fatto (mi pare) che l'originalità si va sempre più esplicando ne' miei versi, e che si sarebbe sviluppata prima, se non fosse ,stato quel periodo di oarduooite acuta; della quale mi sembra che ormai non resti altro che quel tanto che è in tutti i poeti contemporanei, e che si potrebbe chiamare il colore del tempo. Quwndo apparve nel Fanfulla della Domenica (2 gennaio 1881) l'elegia carducciana All'Aurora, il Marradi, tre giorni dopo, ne dava all'amico -un pronto giudizio, nel quale è da vedersi lo sforzo dell'epigono di no:n l'J;OCettare come oro colato tutto quel che uscisse dalla penna del_ Maestro : L'Aurora del Carducci mi piace, ma non immensamente; per me ha cose stupende, ma non è stupenda. Ha due gran difetti: d'essere troppo lunga e troppo erudita. Son due cose, mio caro, che ammazzano iblìqteca Gino Bianco
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