Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

382 G. DUHAMEL, Scènea de la vie future sensa,zioni nuove, ed è insoddisfazione che lo muove: tutti, dal più al meno, per proprio piacere. Duhamel col suo recente libro sugli Stati Uniti, ci inizia ad una ' l . nuova categoria di viaggiatori: quelli che si .studiano di procurarsi r e1 dispiaceri, che se li vanno a cercar col lanternino e che, appena han di lontano il sentore di un dispiacere, corron, per la posta più celere, ad incontrarlo, più grosso e più spiacevole che sia. Ad ogni capitolo del libro di Duhamel vien fatto d'esclamare, con Arpagone: - Ma cbe cosa andava a fare in quella galera? - Cbe cosa andava a fare negli Stati Uniti uno scrittore come Dubamel ? Piace a lui· ber del buon vino, senza ubriacarsi; passeggiar, così, senza uno scopo preciso e senza stanchezza; conversare, ma senza un. proposito e un soggetto fissato; ascoltar musica, anche se un dilettante la strapazzi, ma di propria scelta; e godersi un certo ordine, misura e lunga pazienza nel compiere operette di poco fiato, ma ben concepite, entro un mondo limitato e piccolo: valletta di campagna normanna o salottino di professore francese al quinto piano d'una vecchia casetta del Quartier latino. E, con questi gusti, ha la cattiva idea d'imbarcarsi per gli ,Stati Uniti, dove, non occorre essere colti come Duhamel per saperlo, corre fama che queste cose poco o punto si trovino. E, tuttavia, anche conoscendo gueste disposizioni di spirito, si ri– mane trasecolati a vedere che non glie ne va bene nemmeno una; che non c' è nulla, proprio nulla, in quel paese, che gli garbi, gli desti un commento non amaro e non maligno, gli susciti un movimento umano di comprensione e di simpatia, gli detti uno sforzo per capire e per spiegare, se non per sopportare od amare. A Chicago il nostro Duhamel va a visitare i grandi macelli ; che, certamente, debbon essere una cosa orribile; e lo sapevamo che sono orri– bili dalle descrizioni, meno impressionanti, che alcuni reporter ce ne avevano dato. Ma che cosa andava a fare Duhamel in quell'ammazza– toio ? Chi di noi, a Parigi, si è recato a veder la Villette e i suoi ma– cellari ? Per conto mio, quando mi recherò a Chicago mi guarderò bene dal farmi condurre a visitare i macelli. ,Sono i più grandi e meglio orga– nizzati del mondo, ma appunto per questo non ci anderò. Io vidi una volta il più piccolo e, forse, il peggio organizzato macello del mondo. Sulla soglia d'una porta d' una casa contadina, fra Todi e Montefalco, un porco era tenuto per le orecchie, per le zampe, per la coda da una masnada di gente zotica, cui faceva cerchio un'infinità di ragazzi, che si spingevan coi gomiti e colle zucc~e rapate, per meglio vedere; un bacile sotto il collo del suino attendeva che sgorgasse il sangue della vittima; la quale, cogli zampetti puntati in terra, lanciava altissime strida, conscia della sua prossima fine. Ora ad un tratto, - io non vidi il gesto del carnefice, - il porco mal trafitto, dato un supremo scrollone, sfuggì alle mani degli attendenti, e se ne anelò, fattosi largo fra gli spettatori spaventati, sbruffando sangue e grugniti, traversò la via del paese macchiando di rosso cupo la mota e lo sterco ond'era coperta, e inseguito anelò ad appoggiarsi al muro d'una stalla, forse sua dimora, e piegando prima le zampe dinanzi, poi quelle di dietro, s'accosciò come fosse stanco e cadde sul fianco. Dalla gola gli esciva a fiotti il sangue, BibliotecaGino Bianco

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