Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

376 G. B. ANGIOLETTI, 1l buon WJliero Non diverso è il giudizio che si deve reca,re intorno a uno scritto come Tre arnioi perduti nel quale convergono in bella unità alcuni degli spunti cari all' « europeismo », - o umanismo ?, - di Angioletti : che è poi, - se-non c'inganniamo, - classica unità di carne e di spirito, di pensiero e di azione, orrore del vaniloquio mistico, scettico e avveduto ottimismo. Tre .amici possibili, tre amici perduti: un soldato africano, un figlio di re, un compagno d'infanzia: tre prove viventi delle miste– riose corrispondenze che reggono e guidano i nostri rapporti con la mi– steriosa realtà che ci sta intorno. L' Angioletti in sostanza, crediamo di averlo fatto intendere, non è semplicemente uno scrittore autobiogra,fico : la fantasia ha larga parte nella sua arte e nelle sue ambizioni. Ed è naturale ch'egli tocchi i I"i– sultati migliori in quelle pagine o composizioni nelle quali immagina– zione e polemica, estro e autobiografia s'integrano perfettamente. Qui Angioletti si distacca affatto dalla maggior parte dei giovani della sua generazione, - stilisti o novecentisti" a freddo, - e dà un suono pieno e sicuro che non inganna. Altrove la- fantasia, talora l'astratta immagi– nazione, prendono il sopravvento sull'osservazione diretta della realtà. Ecl ecco, in mutevoli cornici di spettacoli naturali, Nerina, « felice della sua nuca rasata, degli occhiali di tartaruga che rendono crudeli i suoi begli occhi»; ecco Alcina « splendida, snella, leggera», che gli uomini guardano « abbagliati » ; ecco Diana triste senza perché e infine felice che la morte del suo innamorato, Olimpio, offra un plausibile motivo alla sua tristezza; ecco Silvia, sorpresa, anzi inventata in un crepu– scolo urbano, accanto alla spalletta di un fiume, musicale ed elusiva, .... Figure che non hanno ancora, a eccezione di Diana, e forse non intendono avere ]'autonomia perfettamente alogica di certi fanto_cci del Bontempelli novelJiere. È in esse un di più, un peso di intenzioni non disciolte e, formalmente, una finitezza,· un'industria non prive (li compiacimento. Ma non rappresentano, per l'autore della Fuga del leone, uno scarto fuor di st_rada: le diremmo piuttosto figure sorte ai confini di una esperienza irrequieta che non vuol darsi limiti troppo prossimi e che ci conviene seguire anche in coteste evasioni con la fidu– cia che meritano gli artisti di tempra genuina. ' · EUGENIO MONTAL~. OIPRIANO _E. 0PPO, Mostri, figu,re e paesaggi, con un'Introduzione di Antonio Baldini. - Buratti, Tori~o, 1930. L. 11. / Chi lo cerchi per la teoria e la polemica, troverà che questo libro è una specie di operazione militare sopra un mattone. C'è un'idea perno, intorno alla quale continuamente si gira. ;Manovra dietro manovra, si riesce sempre qui : - Bisogna tornare alla tradizione paesana ma non per rifar il già fatto, sì per riprendere il modo fondarnentale 1 di vita e di pensiero dei nostri vecchi, i quali seppero esser nuovi e moderni alla loro epoca, come noi lo saremo nella nostra, se alle forme esteriori mu– tevoli coi tempi' mutevoli, sapremo affacciarci senza tradire l'istinto' della razza. - Questa la teoria, quale vien fuori, esplicita, nel primo e nel BibliotecaGino Bianco

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