Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

G. B. ANGIOLETTI, ll buon veliero 375 pioggia, Fantasie del pescatore, Il buon veliero del libro di oggi. Sono queste, e particolarmente Notti di pioggia, veri e propri idilli moderni, riconducibili a un sentimento ben determinato e lontani dalle oziose di– lettazioni che sotto il pretesto della·« purìtà » lirica vanno ingombrando da troppo tempo le terze pagine dei giornali. E per quanto a proposito del precedente Ritratto del mio paese nel quale lo scrittore pareva re– stringere al massimo il proprio campo di osservazione non fosse i:-agione di temere ch'egli jndulgesse a qualche comoda forma di dilettantismo giornalistico, prendiamo atto volentieri che nel suo nuovo libro An– gioletti ritorna a, noi più libero e inquieto e non abbandona alcuno dei suoi motivi prediletti. Nel libro d'oggi, ch'è vario quanto e forse più del Giorno del giudizio, si va dalle pr()se dcordate, dov'è avvertibile un lievito assai simpatico )i polemica sentimentale, fino al rabesco cinematografico de La flotta rfol oielo; si va dai racconti di fantasia di Primo giorno di miseria, Pad·re in attesa ecc., fino al gruppo delle composizioni più astratte e novecen– tesche: Gloria di Alcina, Invenzione di Silvia ed a.Itre. E lasciamo da parte apposta alcuni scritti sui quali l'accordo e il consenso dei critici e dei semplici lettori è più facile : La giornata della bambina, perfetta di verità e d'intonazione, che ba il merito di rasentare, senza caderci, il genere nel quale ha fatto eccellente prova Emilio Cecchi; e il gruppo dei ricordi di guerra dove potrà appena turbare il nostro compiacimento qualche clausola finale troppo compiaciuta (« Sicura andava la nave, portando i nostri corpi stanchi e rilassati, le nostre rifiorite speranze»). Sono gli scritti che aprono il libro, - Piccoli calibri, L'amica dei soldati, Ilitorno sul mare, - nei quali Angioletti ha molto spontaneamente adottato quella stesura cronachistica, e quasi impersonale del racconto parlato che da qualche anno è stata rimessa in onore per merito di alcuni giovani. Ad Angioletti che vuole e sa di poterci rivelare una « qaturale bontà ed intelligenza», una « umana, superba, idea del mondo ii (e pochi fra i suoi coetanei potrebbero scrivere queste parole con altrettanto diritto) non disconviene certo un'attitudine artistica così fatta. Ma è pur vero che un semplice atteggiame1ito spettacolare non gli basta. Non è soltanto « umana ii, è anche « superba ii la sua visione del mondo, la sua fede nelPintelligenz.a. Angioletti crede nella poesia come a un atto d'imperio, magari come a un atto d'arbitrio; ha fede nella libertà dell'uomo e nella bontà del lavoro; è anche lui, come molti altri e nonostante la sua sfiducia in ogni metafisica, un finalista. È questò il lato positivo e tutto personale di certe sue polemiche che sembrano condotte su un filo di rasoio; è l'accento che giustifica prose nelle quali il suo senso fondamentale della vita anziché essere aefrontato direttamente e magari teorizzato (il che nel genere del « sag– gio ii non sarebbe necessariamente un errore) emerge per vie trasposte, 'attraverso rappresentazioni minute e concrete, sì, ma inventate. Prose come Giorni di pioggia, Padre in attesa (e un po' al disotto Il buon ve– liero) sono tra le migliori di Angioletti e non si vede perché dovreb– bero essere meno apprezzate di quelle, più spoglie e asciutte, poste ad apertura ai libro. ' BibliotecaGino Bianco

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