Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

R. DAVIDSOHN, Firenze ai tempi di pante 367 I potuto pensare ad una classificazione della poesia dei tempi di Dante per ceti sociali, uffici pubblici esercitati, professioni o mestieri ? Eppure il Davidsohn l'ha fatto. Abbiamo i poeti della borghesia; del patriziato e dell'alta borghesia, dei Priori e dei salariati del Comune, del ceto dei mercanti'. O chi avrebbe potuto cercare le prove della fiorentinità di Dante pur nell'odio contro gli avversari politici, numerando i fiorentini delle tre cantiche del Poema? Nell'Inferno di settantanove persone, trentadue sono ,fiorent\ne e undici di altre parti della Toscana; nel Purgatorio, quattro di Firenze e up.dici d'altrove; nel Paradiso i fioren– tini sono appena due. Il metodo è applicato largamente dal Davidsohn. Dal fatto o da una serie di fatti (dedotti da documenti o narrati da cronisti) si assurge n, generalizzazioni. Cosi per la corruzione del clero o per il malcontento nella vita civile. ,Ma i fatti provano fino a un certo punto e potrebbero essere addotti per dimostrare il contrario. Che cosa si obietterebbe a chi sostenesse che c'era una specie di ostentazione morbosa del vizio e che la severità delle pene e la facilità con cui i rei erano colpiti attestano che la parte maggiore dei cittadini era buona, virtuosa, proba di co– stumi? L'osservazione fu già fatta dal Capponi ed è opportuno riferirla. « Che molti vizi e corruttele venisser su da quel rimescolamento (sono i postumi della peste del 1348) è troppo agevole figurare ... ; ma le migliori virtù passavano tanto più oscure e men lodate quant'esse erano meno rare, e argomento di virtù è a me la stessa severità iraconda dei cro– nisti, privati uomini e popolani» (I, 218). E allora i fatti accumulati resterebbero semplice curiosità di cronaca. Una più interessante questione, dovrebbe esser trattata a proposito della Storia del Davidsohn, che investe tutta l'opera, anzi in maniera speciale i volumi non ancora tradotti. ,Se 11e può qui accennare limi– tatamente a questa ultima parte. Lo storico tedesco è ispirato ad una concezione opposta a quella del Capponi. Non si può neppur dire che egli sia di tendenze .ghibelline come il Capponi era di tendenze guelfe, perché verrebbe fatto di pensare ai nostri storici ghibellini, i quali sono pur essi dal Davidsohn molto lontani. C'è in lui un fondo cli germanesimo e di spirito della Riforma. Non è lecito addebitarglielo '.1 .colpa, perché ognuno di noi porta nella propria anima e non può na– sconderla una virtù (non peccato) di origine. Rilevarlo però è necessario. Si sente dalle prime battute del libro con la contrapposizione della– « fede ortodossa francese angioina» al razionalismo ghibellino svevo, av– verso all'indole del popolo italiano e più specialmente del popolo toscano, « cosi propenso alia vita immaginativa ed incline al fantasticare>>. · Proprio vero questo dei fiorentini, che, nel periodo storico di cui il Davidsohn si occupa, furono il popolo più positivo e realistico del mondo ? Ma anche più caratteristiche sono certe considerazioni su Dante. Lasciamo .stare se sia giusto che « l_'impaccio del formalismo ecclesia– stico tolse a Dante di divenire un analizzatore di anime ed un dipintore di caratteri della potenza di up_o Shakespeare, giacché il sacramento della confessione che allevia le coscienze e la dottrina della Chiesa non ammettono che nell'anim'o degli uomini, i quali pur racchiudono in se stessi cielo ed infer1;10, e ne soffrono le pene e le gioie, si sviluppino BibliotecaGino Bianco

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