Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930
360 T. FIORE, La poesia di Virgilio tica di professori, in questo caso : è delizia dei professori moderni isti– tuire un paragone perpetuo tra l'Inferno di Dante e quello di. Virgilio per esaltare qua il primo poeta, là il secondo, e deprimere l'uno sotto un aspetto e lodarlo sotto un altro aspftto ; era delizia dei professori antichi far lo stesso tra Virgilio e Omero. Naturalmente gli uni,, discen– denti degli altri, acluggiano due poeti insieme del loro commento retto– rico e fittizio, arrivando al bel risultato di non capire nessuno dei due. Sulle Georgiohe e sull'Eneide il Fiore scrive più d'una bella pagina. Giustamente egli nega all'opera sulla coltivazione dei campi ogni va– lore scientifico; giustamente dà poca importanza ai fini sociali e poli– tici del poema, e soltanto vuol metterne in luce la poesia. Si legga, per esempio, la pagina 147 dov'egli mette in giusto rilievo un passo poco osservato dai critici, che rappresenta la misera vita pastorale dei Libi. e degli Sciti: « C'è il senso dell'andare faticoso per le solitudini de– serte, sterminate; c'è quello della morte della natura e dell'informe paesaggio .... ». Una bellissima pagina scrive il Fiore, più oltre, sul ca– rattere di Enea, confutando molti errori e stranezze di critici: l'eroe virgiliano è osservato e studiato nella sua complessità psicologica. Sol– tanto, non andava giustificato sempre e dovunque, come, per esempio, per il suo contegno con Didone nel quarto libro. Dire come dice il Fiore: « La risposta di Enea è quale doveva uno spirito alto in una situazione così penosa, un uomo di cuore e, di estrema sensibilità ll, oppure: « Co– mincia con offrire ciò che si suole offrire alla donna quando non le ;:i. può da-r più l'amore, cioè la gratitudine ll, non significa nulla. Contro quel contegno di Enea l'umanità ha protestato da secoli,; sia pure in forma esagerata ecl errata, ha manifestato un'intuizione giusta: che ,{, questo punto Enea manchi di umanità, che cioè a· questo punto il poeta abbia difettato di sensibilità. Perché non si è protestato per il fatto che Enea abbandoni Didone, ma perché l'abbandoni a quel modo, ia;enza manifestare troppo dolore, si direbbe perfino senza troppa pietà. Di qllesto difetto artistico del libro quarto si dev'essere accorto il poeta stesso: nel libro sesto l'eroe, disceso all'Inferno, dirà la -parola d'amore che non ha saputo dire a Didone viva. Quasi sempre felice è l'analisi del carattere di Didone, 'à.ella quale è giustamente rivendicato l'amore pieno cli slancio e d'impeto e di di– sperazione, e dunque poetico e compassionevolissimo. E sono giustis– sime le osservazioni del Fiore sull'intima moralità e serietà spirituale dell'eroina .. Non è felice, però, il paragone, sia pure affacciato per un istante, con le donne di Stendhal o con Anna Karenina. Una delle parti meno riuscite è il capitolo Il contenuto positivo del brutto, dove il Fiore si propone d'indicare le fiacchezze e gli oscura– menti dell'arte virgiliana. Così, egli è ingiustamente severo con gli clèi virgiliani. Rimprovera perfino al poeta di. ... non conoscere il mare, per– ché fa calmare la tempesta a Nettuno dieta citius. Invece, proprio quel passo è altamente poetico; Nettuno, benché graviter commotus, inalza sulle onde all'improvviso il placido capo, sgrida i venti ribelli, e poi, dieta cit,ius, calma la tempesta: non per nulla è un elio. Questo è uno dei passi più graziosi dell'Eneide : il poeta ci mostra il dio del mare che col tridente si affatica a .sollevare i bassifondi e ad abbassare i caval- BiblioreéaG_ino Bianco
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